Storia della Grande Guerra d'Italia di Isidoro Reggio
LA GRANDE GUERRA D'ITALIApi diversi) le disposizioni adottate li salvaguardavano ampiamente. In quanto ancora sussistevano, perchè la continuità dell'« esercizio effettivo » della missione propria di quel rappresentante d'Austria-Ungheria non toglie che il Palazzo stesso avesse ormai cessato di essere la sua residenza, che dall'inizio della guerra in poi egli risiede notoriamente in Svizzera, tanto che la gestione del Palazzo di Venezia (con tutti gli oggetti che vi si trovano) insieme a quella di alcune chiese ed istituti di patronato austro-ungarico fu, giusta una comunicazione ufficiale fatta dal Governo italiano all'ambasciatore di Spagna, assunta dal suo collega, il rappresentante di Spagna presso la Santa Sede. Nel palazzo non rimasero di pertinenza dell'ambasciatore se non l'archivio e i mobili che il decreto del 25 agosto rispetta, assegnando un congruo termine perchè siano portati altrove.
« Anche se l'ambasciatore fosse rimasto, il Palazzo a-vrebbe senza dubbio potuto passare ugualmente in proprietà dello Stato : la immunità personale, da cui deriva la cosidetta « immunità dì quartiere », avrebbe soltanto richiesto riguardi maggiori di quelli attinenti alla immunità dell'archivio. Che ogni più scrupoloso riguardo varco la Santa Sede sia stato usato, è dimostrato dalle dichiarazioni esplicite fatte a suo tempo circa la piena libertà di soggiorno dei rappresentanti esteri presso il Vaticano e ne è testimonianza la comunicazione del Decreto che. secondo la protesta afferma, sarebbe stata fatta al Pontefice ».
Il ragionamento del governo italiano convinceva : ed era infatti rettilineo, mentre la protesta vaticana non era che una vuota petizione di principio. La dimostrazione dell'asserita offesa mancava completamente. Di più fu rilevata l'inopportunità della forma.
« La Segreteria pontificia — notava il Corriere della Sera — si allontana questa volta dal suo usato platonismo giuridico e accompagna — non possiamo dire : appoggia — la sua odierna protesta con una serie di rilievi i quali, mentre mostrano una sorta di compostezza formale, tradiscono uno spirito improprio, non diciamo del-
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