Storia della Grande Guerra d'Italia di Isidoro Reggio

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      LE B ATT AG UE DELL'ISONZO
      « Da quando gli italiani avevano messo in posizione contro di essa cannoni pesanti da marina a lunga por-fata, la testa di ponte di Gorizia aveva perduto ogni valore perchè non riusciva più a proteggere Gorizia dal bombardamento. Le nostre nuove linee si trovano ad ovest della città come prima, sono forti e ben difese e non esposte a minaccia di aggiramento. »
      In altra parte del giornale, la Neue jreie Presse aggiungeva che il possesso della sola testa di ponte era per gli italiani di dubbio valore. Forse questo ottimismo viennese derivava in gran parte dalla circostanza che il Comando austro-ungarico non aveva affatto accennato alla perdita del Sabotino e del monte San Michele, i due pilastri della difesa di Gorizia.
      Del resto lo stesso generale Boroevich, comandante in capo dell esercito austriaco dell'Isonzo, aveva emanato alle sue truppe quest'ordine del giorno, precisamente in data dell'inizio della nostra offensiva :
      « Il nemico passa su quasi tutta la fronte a un attacco decisivo, cerca un successo finale. Io mi aspetto dalle mie truppe che gli sia preparata degna accoglienza e venga respinto senza che ne rimanga un resto. La situazione generale richiede oggi più che mai che tutte le nostre posizioni difese tenacemente da oltre un anno, rimangano nelle nostre mani. Io nutro la ferma fiducia che il mio volere divenga ovunque realtà. La vittoria deve essere nostra. »
      La sera stessa erano caduti il Sabotino e il Pod-gora : due giorni dopo le truppe italiane entravano a Gorizia!
      Immensa fu l'eco della vittoria nella stampa degli altri paesi.
      « Ecco 1 Italia vittoriosa con le sue proprie forze, non dovendo che a sè sola la fama degli splendidi combattimenti che hanno portato i suoi eserciti a Gorizia )> diceva Giuseppe Reinach nel Figaro, osservando che sarebbe finalmente riparata 1* ingiustizia, con la quale gli
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Storia della Grande Guerra d'Italia
Volume 21. Le battaglie dell'Isonzo
di Isidoro Reggio
Istituto Editoriale Italiano
pagine 212

   

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