Storia della Grande Guerra d'Italia di Isidoro Reggio
LA GRANDE GUERRA D'ITALIAdella battaglia non ha ancora permesso di dare pietosa sepoltura.
« Malgrado ciò il nemico, passando sui suoi cadaveri, ha ripetuto l'attacco alla Meletta, sopra lo Zomo, sempre con l'intento di calare in Val Frenzela. I sintomi di questo attacco li avevamo visti nella giornata sorridente di sole, passata lassù. Tiri d'interdizione cercavano qua e là le strade e i sentieri d'accesso; rabbiose raffiche di controbatteria si accanivano contro le supposte postazioni dei nostri pezzi, che rispondevano con baldanza insolente : e le rosse nuvolette degli shrapnel sfioccavano tutto intorno da Asiago al Brenta. Non era un tiro normale sull'altipiano, questo : e ci ricordava piuttosto la vivacità del cannone, eh era quasi costante sul Carso. Di là della valle, poi, dalle Melette si vedeva la prora rocciosa del Grappa, il Monte Pèrtica (m. 1549), incappucciato di neve, fumante come per incendio, per l'intenso bombardamento delle batterie nemiche. S'era, insomma, in una atmosfera di fuoco, che lasciava facilmente supporre qualche ripresa di tentativi nemici. '
« Difatti nelle prime ore della notte il nemico, con vere « masse » che teneva nascoste nelle boscaglie dietro la Meletta di Gallio verso la valletta dello Sbarbatal, ci attaccò violentemente alla malga di Meletta Davanti (m. 1620), sul riverso della Meletta che degrada verso la testata di Val Miela. La Val Miela, oltre che costituire la linea di confine tra Foza e Gallio, può considerarsi un vero corridoio, stretto, roccioso, ripido, seminato dai blocchi erratici strappati dalle acque ai fianchi della montagna. Gli austriaci, dalla Valle del Ronchetto, verso il pianoro di Marcesina, salgono dai fitti boschi dei Tre Pali e attraverso la sella che cala sulla Malga Slapeur possono infiltrarsi tra questo corridoio, che ha da un lato la Meletta di Gallio già in loro possesso, e dall'altro i nostri spalti dal Castelgomberto al Monte Fior.
« Anche di giorno è un paesaggio selvaggio, una gola paurosa, con sentieri e rocce da lupi o da lepri, che in tempo di pace potevano veder passare, sì e no,
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