Storia della Grande Guerra d'Italia di Isidoro Reggio
IL TRIONFALE EPILOGOpreso dai rappresentanti del popolo croato, più vicino a noi per cultura e che il più grande dei dalmati, Niccolò Tommaseo, sognava avvinto a noi da un'amicizia indissolubile. Non per difesa della rinunzia dalmata cui l'anima italiana si è acconciata, citerò io i paesi dove egli dichiarava pericoloso, impossibile anzi, per l'Italia di rivendicare il dominio veneto sulla Dalmazia; ma citerò piuttosto il monito, che, conscio dei rancori passati, e quasi presago degli equivoci futuri, egli lanciava a italiani e jugoslavi : u Bisogna intendersi per necessità e per lucro, chi non sa per virtù e per amore ». Nella frase volutamente brutale, il grande dalmata indicava insomma le supreme leggi di un paese che vuol vivere e, consci del dolore dei gruppi italiani sparsi in Dalmazia e dalla pietà di quel dolore stesso traendo la riprova dell'inevitabile, noi chiediamo sommessi, ma con sicura coscienza a quei fratelli nostri di consacrare il loro dolore alla fortuna, alla sicurezza della Patria.
« Dobbiamo avere finalmente il coraggio di dire che l'amore della nostra Patria non deve significare dispregio del sentimento patrio di altra razza, sia pur più giovane e di storia men gloriosa (approvazioni). Per far tornare il verso dantesco che definisce in modo immortale i confini d'Italia al Quarnaro, per assicurarci il confine Giulio che il sangue dei nostri soldati ha consacrato, noi abbiamo dovuto accogliere nel nostro seno centinaia di migliaia di sloveni. A questi sloveni, cui conviene, del resto, rimanere in contatto coi loro centri naturali ma italianissimi, Gorizia e Trieste, noi assicureremo la più ampia libertà di lingua e di cultura; sarà questo per noi un impegno d'onore e un atto di saggezza politica. Siamo quindi certi che i nostri nuovi cittadini si sentiranno presto anche per questo riguardo soddisfatti di appartenere a una grande Potenza che, forte della sua grande e incomparabile cultura, rispetta con cura gelosa la loro vita locale.
« Ma non sarebbe stato prudente che l'Italia alterasse oltre l'indispensabile il suo carattere magnifico di popolo uno per razza e per lingua come niun altro al mondo; non sarebbe stato avveduto creare una mura-
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