Lettere dalla Guerra di Ferruccio ed Enrico Salvioni

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      va ferma fiducia che la vita di caserma,, così piena d'ozio, così mortificante, non avesse a .^durare a lungo per lui, e attendeva di giorno in giorno il repentino mutamento della mobilitazione verso il confine orientale. Nella guerra vedeva disegnarsi un nobile fine alla sua vita e schiudersi alla sua brama insodisfatta di attività utile un campo di santo e affascinante lavoro. Come gli passarono lenti e tormentosi i mesi della nostra neutx-alità! Mesi di trepidazioni, di ansie, di sdegni. Nelle storiche giornate del maggio 1915, quando il fior fiore della nazione (altri dica pure la piazza) insorse contro il bailamme dei ciechi, dei pessimisti, dei timidi, dei trafficanti politici, dei traditori, Ferruccio era silenzioso, cupo, come assorto in una meditazione grave e profonda. La voce del dovere teneva fermo dinanzi al suo plotone il fremente ufficiale, mentre gli sfilavano dinanzi le dimostrazioni interventiste, alle quali sentiva forte tentazione d'unirsi insieme co' suoi soldati. Ma il giorno in cui la Patria si fosse mostrata indegna d'imporre mi dovere a' suoi figli, e le trame dei « parecchisti » avessero trionfato, egli (lo confessò poi) avrebbe gettata la sciabola e con alcuni compagni si sarebbe fatto disertore.
      Il 23 maggio partì da Milano col suo


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Lettere dalla Guerra
di Ferruccio ed Enrico Salvioni
Fratelli Treves Editori Milano
1918 pagine 258

   

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