Lettere dalla Guerra di Ferruccio ed Enrico Salvioni

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      senza efficacia, le valli, i monti, i borghi, i villaggi, che contempla dall'alto nei giorni della vigilanza agli avamposti, o impara a conoscere davvicino nei periodi di riposo o, com'egli dice, d'ozio occupato. Nelle Giudicane passò il Natale e il capo d'anno. Scorsa la metà del gennaio 1916, il reggimento fu condotto dinanzi a Gorizia.
      La bella città colla sua conca verde, vista, a pochi chilometri di distanza, dalle alture di nord-ovest, che tutte conobbe dal Sabotino al Podgora nelle varie riprese della vita di trincea, dava a Ferruccio la, pena di Tantalo. I soldati io chiamavano «Gorizia», perchè nei discorsi ardenti di fede che teneva loro, parlava spesso della importanza militare e italiana di quella terra, dei prossimi combattimenti per conquistarla, del loro dovere di prepararvisi con saldo animo. Incitamenti che diedero il loro frutto, quando nelle gloriose giornate dell'agosto appunto il suo plotone fece magnifica prova di eroismo nel vittorioso assalto del Podgora. Ma quelle giornate e con esse il compimento del voto lungamente accarezzato egli non vide. A lui toccarono solo le fatiche gravi e oscure della preparazione, le vigilie nelle trincee sotto la pioggia, nel fango, le corvées pesanti e snervanti. Al fratello, che aveva preso par-


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Lettere dalla Guerra
di Ferruccio ed Enrico Salvioni
Fratelli Treves Editori Milano
1918 pagine 258

   

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