Lettere dalla Guerra di Ferruccio ed Enrico Salvioni
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te alla conquista del Col di Lana e nella regione delle Dolomiti aveva passato l'inverno, pai-lava con invidia della guerra di montagna; ma dei disagi che i luoghi e (la stagione imponevano a lui, non faceva lamento, né menava alcun vanto ; anzi si rimproverava perfino il compiacimento con cui talvolta parlava della sua inaspettata resistenza agli strapazzi e soprattutto alle lunghe veglie ininterrotte.
Con quale scrupolo, con qual passione, e spesso con quanta temerità adempisse gli uffici del suo grado, nessuno seppe mai da lui; lo raccontarono, commossi, superiori, colleglli, soldati, poi che il suo ultimo ardimento lo ebbe perduto. Quel che faceva, era nulla rispetto al dovere. «La par-«ticolare solennità di pensieri che i nomi «di Isonzo e Gorizia vi suggeriscono per «me in guerra, è fuor di posto», scriveva ai genitori, e si affaticava a dimostrare che anche l'andare in trincea di prima linea sulla fronte di Oslavia «non aveva «nulla del pauroso che a Milano poteva «sembrare» dopo la lettura degli articoli del Barzini. Tutto si riduceva a «qualche «giornata un po' insonne, un po' sollecita, «molto noiosa e all'inibizione di sporger « la, testa dai ripari».
C'era sì in quei silenzi e ih questi ra-
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Lettere dalla Guerra
di Ferruccio ed Enrico Salvioni
Fratelli Treves Editori Milano 1918
pagine 258 |
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Pagina (30/271)
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