Lettere dalla Guerra di Ferruccio ed Enrico Salvioni
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Profondamente compreso della serietà morale della vita, fervido di amor patrio, pieno di ardimento, egli seppe adattarsi prontamente a quel soggiorno e all'esercizio del suo ufficio in condizioni inon agevoli. Della rude esistenza che conduceva lassù, nelle grotte scavate entro i pendii montani, nei ripari improvvisati con rami di pino, sotto le nevi, fra i ghiacci, parlava come della cosa più naturale del mondo, spesso con quell'arguzia ch'era già nei suoi discorsi infantili. In una sua lettera del novembre, dopo aver descritto certo non comodo accampamento, concludeva: «Non «state in pensiero, io trovo da star, bene in «ogni luogo e in ogni condizione»:. Dei fatti guerreschi cui s'era trovato, non amava discorrere, perchè (scriveva in una lettera, dove c'è tutto lui) «la dea Vittoria non volle «mai esservi presente, e gli episodi la mia «fantasia non li sa trovare; io sono fatto «così: vedo tutto uguale, tutto naturale, an-«che là forse dove altri, pur restando nel «vero, troverebbe da imbastire un lungo e «interessante racconto, e così in generale, «piuttosto che non dir tutto come io vorrei, «preferisco non dir nulla». Nel diriger lavori, nell' educare i soldati coll'esempio e colla parola persuasiva, nel guidarli in ricognizioni e in attacchi, la sua azione parve
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Lettere dalla Guerra
di Ferruccio ed Enrico Salvioni
Fratelli Treves Editori Milano 1918
pagine 258 |
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Vittoria
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