Lettere dalla Guerra di Ferruccio ed Enrico Salvioni

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      tanto generosa mia loquacità di fronte alle vostre ansie. Solo cambiamento, e triste questo, da ieri quand'ho cominciato la lettera, il luogo e il tempo. Il tempo dopo che da Natale, dico da Natale, se n'era perduta l'abitudine, il tempo è oggi, alla fine, di pioggia. E la pioggia qui, tra questi monticelli di argilla, aspettando di andare da un momento all'altro a vivere in un solco di quest'argilla, qual'è la trincea, la pioggia qui fa un po' di quella paura che non fanno pallottole e granate, e assai più che non facesse l'immaginazione di qualunque freddo sulle cime del Tonale. Speriamo, se anche con poca fiducia, che il cielo si rassereni presto e non si cerchi in perdurante brorfcio compenso per la lungamente concessa serenità. Così si sfogasse del tutto nei tre giorni che staremo qui! Perchè, continuando il primo detto, il corso dei nostri turni ci ha condotti non in trincea, ma anzi «a riposo» qui a Snezatno. Il qual riposo consiste nell'essere qualche mille metri indietro, accantonati in qualche bicocca sul detrito misto di paglia e di rifiuti lasciato in eredità dai battaglioni che hanno preceduto l'ultimo. Del resto nulla di diverso dalle «fatiche», posto che di fatiche si possa mai parlare. .Ma questa sola diversità: un peggioramento rispetto alle tende e all'aria libera. Fin tanto però che non piove. Allora aria libera e tende sono assai meno lusinghevoli. E un


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Lettere dalla Guerra
di Ferruccio ed Enrico Salvioni
Fratelli Treves Editori Milano
1918 pagine 258

   

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