Lettere dalla Guerra di Ferruccio ed Enrico Salvioni
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pur gli vorrei fare, sul Porta per esempio.... Se quei primi giorni del 1917, che udranno il discorso sui ladini, vedesser pronte per esser passate alla stampa le cartelle portiane! E il Còrsocome va ? E del resto che novità ? A Milano, nel Ticino, a Roma donde il papà sarà tornato adesso ? Mi diverte, mi svaga, oltre che interessarmi per gli argomenti, questo sentir discorrere di qualche altra cosa che trincee, «corvées», turni di servizio, ecc. Le quali e i quali poi mi son resi meno materialmente gravi dalle mille cure dei pacchi della mamma. Così frequenti, così abbondanti, così sapienti che a me non rimangono desideri. Meno che meno quello di belle uniformi, nel paese dove a ogni paio di giorni in trincea mando in brandelli un paio di pantaloni contro i reticolati, se non nemici, amici sì di noi uomini, ma non mai degli abiti nostri. — Addio.
Ferruccio.
Il Ferruccio s'interessò sempre, e vivamente e non con sole parole, dei lavori del babbo. Da qui, questa sua premura per l'edizione del Porta. — Il lavoro sul Córso stava sul telaio appunto nei giorni della licenza di Ferruccio, e questi s'interessava ad esso non per la sola ragione scientifica. Fu una grande prerogativa dell'animo di Ferruccio studioso, che in lui la preoccupazione scientifica, come lo provano i pochi suoi scritti, sempre si disposasse a quella della patria.
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Lettere dalla Guerra
di Ferruccio ed Enrico Salvioni
Fratelli Treves Editori Milano 1918
pagine 258 |
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Pagina (147/271)
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