Lettere dalla Guerra di Ferruccio ed Enrico Salvioni
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una guerra di frenetico disperato, la quale sì avrebbe fruttato e ad alcuno austriaco d'Italia ed a lui insieme una qualche ferita. L'abitudine fatta alla mala ventura e oramai l'accidia mi fanno come dicono fatalista, e di certi movimenti troppo virilmente acerbi non sono capace. E poi insomma io non più dalla maledizione delle Navi di terra sono tenuto lontano dalla nostra felicità, ma da quell'accidente che di vedere in esso, senza fare l'idealista», una maledizione, mi dà diritto, anche per quei manigoldi che l'hanno, se no, per un beneficio sovrano. Sicché il dispetto sarebbe più lontano che mai dalla saggezza ed io sono sempre sopratutto un saggio. Come tale passo, si capisce. le giornate a far niente in pieno buon umore, e mi ci aiuta un progredire della guarigione, che mi ha oramai fatto uscire a passeggio in carrozza dall'ospedale, che fa fermare dinanzi a me ad occhi sbarrati la gente a dire: c'è pur la fortuna per qualcheduno al mondo! Vedi la mia fortuna! Quando c'è la salute c'è tutto, diremo d'ora in avanti, o anzi addirittura: quando c'è la vita c'è tutto.
Con che vengo finalmente al buon umore, che ti assicuro pieno, e che invece sembro perdere proprio in quel che te ne scrivo. La ragione.... è che scrivendo a me s'impone sempre quella profondità di meditazioni che nellaJ) Vedi le note alla lett, XXIII.
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Lettere dalla Guerra
di Ferruccio ed Enrico Salvioni
Fratelli Treves Editori Milano 1918
pagine 258 |
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Pagina (158/271)
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