Lettere dalla Guerra di Ferruccio ed Enrico Salvioni

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      re come mai più non potrò sentirmi di altro pezzo di terra al sole (per quanto regolarmente acquistato e con regolare contratto), dati i legami sociali che da tanto tempo vigono tra gli uomini; in quella specie di valletta invece comandavo io ed io solo. Lassù era freddo sì (qui a valle nel bosco dove siamo accampati, vi è una temperatura quasi estiva), ma dal freddo eravamo tutti ben riparati, anche i soldati che ricevono spesso spedizioni di indumenti di lana; e quel vento freddo e secco che tirava in cresta, metteva brio ed appetito; lassù sopratutto guardavo in faccia al nemico e spesso ed a lungo mi fermavo ad osservare le creste tenute da lui, pensando al giorno che ci saremmo mossi per dar loro la scalata e quasi pregustando la gioia di voltarmi indietro a vedere il nostro tetro monte e davanti a noi le creste di altri monti rapidamente degradanti a quella valle che è tanto vicina e tanto lontana! La scalata l'abbiamo data, di notte, su per una china tutta scoperta, che in certi punti due ore non bastavano a scalar tutta, ma le opere di difesa del Inemico ci hanno fermati prima ancora che il suo fuoco, e -il giorno ci ha trovati aggrappati lassù;1) e là a pochi metri dal nemico (un nemico maestro nell'appa-
      i) Cioè sulla Cima Frugnoni. Secondo il Castiglioni, gli avvenimenti qui narrati daterebbero dal 6 settembre.


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Lettere dalla Guerra
di Ferruccio ed Enrico Salvioni
Fratelli Treves Editori Milano
1918 pagine 258

   

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