Lettere dalla Guerra di Ferruccio ed Enrico Salvioni
recchiarsi la difesa e idi essa sicurissimo) siamo rimasti tutto il giorno senza poterlo raggiungere, aspettando le tenebre per poterci muovere. Grazie al Cielo, la mia compagnia trovò riparo dietro una gobba, idei terreno, dove la fucileria austriaca non la poteva molestare e forse neppure il cannone e le bombe a mano, di cui quei signori fanno grande uso, perchè neanche queste ci fecero danno. Solo rimase leggermente ferito un ufficiale ed un altro, il comandante della compagnia, si ebbe un piede gelato. Dunque niente eroiche e gloriose azioni, nè da parte mia nè da parte dei miei (Soldati; ma non era luogo per esse. Il giorno) dopo i nostri soldati si facevano onore mostrandosi infaticabili nella ricerca e nella raccolta dei feriti delle altre compagnie, spingendosi fin quasi sotto i reticolati dei nemici, i quali ad onor del vero si mostrarono assai umani, non solo lasciando che la nostra opera pietosa si compisse indisturbata, ma giungendo persino a conversare e a dar da bere ai nostri porta-feriti! In cambio mostravano di apprezzar molto le nostre scatolette di carne. Pare a ine che essi non tollerino movimenti degli uomini della Croce Rossa finché dura l'azione, e io non dò loro torLo; ma cessata questa, se non temono che si studino le posizioni loro, lascian fare.
Quaggiù dunque mi sento un pooo a disagio
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Lettere dalla Guerra
di Ferruccio ed Enrico Salvioni
Fratelli Treves Editori Milano 1918
pagine 258 |
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Pagina (233/271)
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Cielo Soldati Croce Rossa
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