Crocco e compagni avevano ottenuto dal colonnello Boldoni la libertà| e che prestavano utili servizi alle autorità del Melfese. E termina un lungo rapporto con le seguenti parole:
«...Tanto premesso| ho creduto del mio dovere| il tutto assegnare alla di Lei Autorità| pregandola compiacersi dirmi il come regolarmi in tale bisogno| mentre parmi non potersi procedere contro il Crocco e compagni| stante l'assegnata posizione| che tali individui si trovano presentati e a prestare servizio dietro ricevuta d'assicurazione»5.
Dopo questa ponderata risposta del giudice di Barile| non più dal Procuratore generale| bensì dal capo della provincia| gli si mandò il seguente ufficio:
«Potenza| 17 settembre 1860
Signore|
ho letto il suo rapporto dell'11 volgente mese| n. 475| ed in riscontro le manifesto che in mancanza di legale disposizione del Governo prodittatorile a favore degli imputati Crocco ed altri. Ella deve istruire regolarmente a carico dei medesimi| per quindi tenersi conto dei loro servizi a tempo debito.
Pel Governatore Generale G. Racioppi»6.
Venuti a conoscenza di ciò Crocco ed i suoi compagni| risoluti ed audaci tornarono ai boschi| ripigliando l'antica vita dei masnadieri| perché al dire di Crocco| non essendosi ottenuta la prima promessa fatta loro dal Boldoni| non si potevano fidare della seconda| accennata dal Racioppi7.
Ed il Crocco| nel suo interrogatorio| si esprime proprio coi seguenti termini:
«Avendo saputo che contro di me e di altri si era spiccato mandato di arresto dalle autorità italiane e che non si volevano tenere in conto i nostri servizi| io ed altri cinque o sei compagni| e forse anche più| ci eravamo ricoverati nella casa di don Giuseppe Alamprese| nel villaggio di Ginestra| e non avevamo preso alcuna determinazione sul da farsi. Nel giorno 7 gennaio sapemmo che da Melfi doveva venire della forza contro di noi; e col fatto| nel
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