14
JACK LONDON
so in una galera dell'antica Babilonia. E non mento, credetemi, quando vi affermo che in quei giorni lontani, noi prigionieri, coi nostri mestieri manuali, ottenevamo un rendimento superiore a quello che producono i mestieri a vapore impiantati nella prigione di San Quintino.
Indignato nell'assistere a questo sperpero di lavoro, mi ribellai. Tentai di esporre ai sorveglianti una ventina e più di sistemi che avrebbero assicurato un maggior rendimento. Fui segnalato come indisciplinato al direttore della prigione. Mi misero in cella, dove provai la mancanza del cibo e della luce.
Rientrato nel laboratorio, tentai, in buona fede, di rimettermi al lavoro, in quel caos d'impotenza e d'inerzia. Impossibile. Mi ribellai nuovamente. Mi rimandarono in cella e stavolta, per di più, mi misero la camicia di forza. Fui disteso sul suolo, colle braccia in croce, e appeso per i pollici sulla punta dei piedi. Fui anche segretamente battuto dai miei guardiani. Stupidi bruti, che possedevano appena l'intelligenza necessaria per comprendere la mia superiorità morale e il disprezzo che provavo verso di loro!
Per due anni, ebbi a subire questa tortura. Tutti sanno che non v'è nulla di più terribile, per un uomo, che d'esser rosicato vivo dai topi. Ebbene! quei bruti di guardiani erano per me dei veri topi, che \ rodevano a brandelli il mio essere pensante, che ' straziavano tutto quel che c'era d'intelligenza vivente nel mio cervello! Ed io che, un tempo, avevo valorosamente combattuto come soldato, avevo adesso perduto, in quell'inferno, ogni coraggio per lottare.
Combattere come soldato... L'avevo fatto, sì, alle Filippine, perchè il battersi era nella tradizione degli Standing. Ma senza convinzione. Trovavo vera-