era vicino, e che di tanto in tanto gli porgeva da bere, era appunto quello che doveva rinnovellare le scene luttuose e nefande di Fra' Diavolo e del Vandarelli! E non per una sera soltanto io ascoltai quei paterni consigli e sentii quel vecchio ripetere il ritornello: «Fate bene ed avrete bene».
Io da quei racconti appresi il bene ed il male; finché la partita mia si mantenne nel bene fui buono anch'io, quando poi fu urtato dal male, adoperai il cattivo e di peggio divenni il serpente mostruoso. Non credere però che Carmine Donatelli Crocco sia veramente un ladro ed un assassino, o come taluni credono un funesto soggetto; niente di tutto ciò. La mia ferocia si riduce alla difesa personale ed essendo di complessione forte, di pronta percezione, di acuto intendimento e di lesta mano, un secondo di tempo che l'avversario mi concedeva, egli era cadavere, con qualunque arma, fosse pure a sassate. Del resto, amante della quiete, della pace, dell'ubbidienza, del rispetto dovuto al superiore, alla legge, pronto a soccorrere il mio simile, io non cercai mai litigi, ma... guai a chi mi stuzzicava.
Sono 25 anni che sono rinchiuso in case di pena, non ho mai questionato con alcuno ed avrò divisi un paio di centinaia di rissanti che senza di me avrebbero sparso sangue.
Ma torniamo alla storia e con essa ai bei anni di mia giovinezza.
Nella masseria del signor Lo Vaglio lavoravo un mattino del maggio 1847 ad arare terreno, quando un giovanotto di famiglia nobile, montato sopra un superbo cavallo ed accompagnato da una decina di bracchi, mi passò poco distante.
Fermai l'aratro ed appoggiato il braccio a tergo in atto di riposo fissai quel giovanotto che avanzava verso di me; un mio compagno di lavoro vedendomi in quella posizione di ozio, passandomi vicino mi disse: «Tocca giovinotto, che fa notte, non perder tempo a guardare il figlio di quel scellerato Don Vincenzo C..., ti potrebbe capitar sventura, per quanto si dica ch'egli non sia come suo padre brutale malvagio».
«Ed io, caro zio Matteo, risposi, voglio attenderlo per dargli una lezione, che se poi non si accontenta, gliene darò una seconda che sarà soverchia».
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