A notte fatta bussai alla porta.
«Chi è?» domandò una timida vocina.
«Aprimi Nezza mia, sono io» risposi commosso.
«Tu qui a quest'ora Carminuccio! Che facesti, fuggi, fuggi subito per carità, la notizia del tuo delitto è giunta fra noi, ieri Don Luigi me ne fece parola; hai ucciso un tuo compagno è vero?».
In quel momento ebbi paura, abbracciai e baciai la mia diletta sorella, la consigliai a mantenersi onesta e poscia uscii sulla via.
Don Peppino il bellimbusto che aveva mercanteggiato l'onore di mia sorella, faceva vita scioperata al Circolo, ove ogni sera si giocava impunemente all'azzardo.
Rincattucciato in un angolo oscuro presso la porta di casa sua, attesi tranquillo la vittima; un buon colpo di pugnale punì l'audacia di quel libertino.
Compiuta la vendetta mi diedi alla campagna ove in breve ebbi a compagni di mestiere altri tre individui, essi pure ricercati dalla giustizia.
Nascosti nel più fitto delle boscaglie, noi si aggrediva chi ci capitava limitando le nostre imprese a svaligiare i viandanti, rubar loro coi denari i cavalli.
Capitato nelle mani degli sgherri di Del Carretto fui condannato a grave pena e mandato al bagno penale.
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