Capitolo Terzo Brigante politico
Le vittorie di Garibaldi ebbero per effetto di far insorgere i cosiddetti liberali della Basilicata; i comitati segreti che facevano capo a Corleto avevano da tempo preparato le popolazioni a insorgere contro il mal governo borbonico, per cui in tutti i paesi era un tacito affaccendarsi a prontar armi, a fabbricar cartucce per essere pronti a menar le mani nel momento designato.
Credetti giunto il momento della mia riabilitazione morale. Condannato a grave pena per aver ucciso un vile, che aveva cercato disonorare l'unica mia sorella, io aveva con l'astuzia e con la forza, vinta la continua persecuzione dei gendarmi, guadagnandomi la libertà con altro sangue, la vita con rapine ed aggressioni. Sotto un governo nuovo, da tutti proclamato liberale, nel trambusto d'una rivoluzione generale, in momenti di entusiasmo e di giubilo, io speravo sorgere a vita nuova, riacquistare quella libertà perduta, per l'onore della famiglia, onde approfittando dei moti popolari mi mescolai cogl'insorti di Rionero e con essi presi parte al moto rivoluzionario.
Non la mia povera penna deve descrivere la storia dell'insurrezione della Basilicata, altri che sono dotti e letterati avranno in proposito scritti volumi, che a me non fu e non sarà dato di leggere, posso però con sicura coscienza affermare che in quei giorni non commisi atti disonesti, ho fatto sempre e dovunque il mio dovere, mostrandomi audace ed intrepido nei momenti di maggior pericolo. Premeva a me riabilitarmi specialmente di fronte ai paesani, e far vedere ch'ero pronto a dare il sangue mio per l'idea liberale, cercavo tutti i mezzi per distinguermi e così avere persone che potessero a tempo opportuno testimoniare in mio favore. Ma era scritto ch'io non avessi pace mai; mia madre mi aveva profetizzato serpente, ed io da rettile velenoso dovevo avvelenare il mio paese, la mia bella regione e rendermi celebre Per atti briganteschi.