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Io brigante

Carmine Crocco Donatelli
Tipografia G. Grieco, 1903, pagine 98

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   La Ginestra era il mio impero, la sede sicura, il centro della mia forza, e di là mossi risoluto su Ripacandida. Attaccai violentemente ed in breve fui padrone della caserma dei militi e in possesso delle loro armi. La folla selvaggia ch'io comandavo non aveva freno, né a me conveniva mitigarla.
   Quella mia condiscendenza alla distruzione, al saccheggio, era fomite per me di maggior forza avvenire, l'esempio del fatto bottino traeva dalla mia altri proseliti anelanti di guadagnar fortuna col sangue.
   Lasciai quindi ognuno libero di sè ordinando solo si rispettassero le famiglie dei nostri compagni d'armi.
   Nel conflitto avuto coi militi paesani, il loro capo era caduto morto, il cadavere di costui trascinato per le vie venne portato innanzi all'abitazione della famiglia sua mentre la folla ne saccheggiava la casa. Durò per più ore la baldoria ed il ladroneggio e solo verso sera pensai a riordinare quell'orda ubbriaca.
   Prima cura fu quella di decretare decaduta l'autorità imperante, e chiamato a consiglio i caporioni, nominai una giunta provvisoria che doveva sedere al municipio e di là emanare decreti e proclami. Volli che per le chiese venisse cantato il Tedeum in onore della vittoria, e si abbattessero tutti gli stemmi del nuovo governo innalzando quelli, già abbandonati, del Borbone.
   Da Ripacandida a Barile breve è il cammino; numerose sollecitazioni mi chiamavano colà a liberare la plebe dalle sozzure dei ricchi prepotenti, per cui mossi tosto per quella volta, e, preso possesso del paese, ne ordinai il governo come avevo fatto per Ripacandida.
   Le vittorie di quei primi giorni se avevano allarmato, non a torto, i signori, avevano per altro affezionato alla mia causa migliaia di contadini, così che correvano a me da ogni dove a stuolo numerosi armati per mettersi ai miei ordini. Compresi come dovessi, senza perder tempo, prendere possesso di centri più importanti, per cui inviai alcuni fidi in Venosa perché mi preparassero il terreno.
   Ed il mattino del giorno 10 col mio piccolo esercito di predatori mossi alla conquista della vetusta Venusia.