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Io brigante

Carmine Crocco Donatelli
Tipografia G. Grieco, 1903, pagine 98

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Ai primi di maggio trovando difficoltà a trarre mezzi di sussistenza stante la forza della mia banda, e per sfuggire la caccia senza tregua a noi fatta dalle truppe e dalle guardie nazionali, divisi la mia masnada in diverse bande dando per punto di riunione i boschi di Lagopesole.
   La chiamata alle armi delle classi anziane napoletane per essere incorporate colle altre truppe del Regio Esercito, offrì mezzo di arruolare nelle mie file un elemento veramente ottimo sotto ogni riguardo.
   Ai primi del mese di giugno dovevano i riservisti presentarsi ai depositi per essere vestiti della militare divisa, ma la maggior parte di essi preferirono darsi alla campagna anziché seguire le sorti dell'esercito, e così ebbi campo di assoldare uomini più provetti alle armi ed abituati alle fatiche de' campi ed alla disciplina.
   I moti reazionari soffocati in sul nascere non lasciarono tracce profonde nei vari paesi. La mano ferrea destinata a domare la reazione seppe vincere colla forza e colla clemenza: le poche vittime della controreazione sono da incolparsi alle inimicizie paesane, a basse vendette cittadine, più che al rigore d'una legge che doveva essere marziale.
   Molti di coloro che avevano gridato, «Viva Francesco II», «Viva Crocco», all'arrivo delle truppe gridarono «Viva Vittorio», «Viva Cialdini» e passarono per liberali come furono da noi creduti dei reazionari.
   A me che della reazione ero capo, sarebbe spettata certo la fucilazione alla schiena, e poiché mi sentivo giovine ed amavo la vita, credetti prudente difendere l'esistenza con tutte le forze che mi venivano da un fisico vigoroso, per cui lasciato da un canto la politica ed i politicanti, ritornai prima, brigante comune, costretto ad assalire i viandanti, a imporre taglie per dar da vivere a me ed alla mia banda.
   Seppi più tardi, non so con quanta verità, che tra coloro che più avevano contribuito a farmi ricercare dalla giustizia, eravi il Cav. Giulio Roland, governatore della Provincia ed il sottoprefetto Decio Lordi, quegli cioè che mi aveva prima fornite le armi, ed i cavalli per combattere in favore della rivoluzione.
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