Rionero in Vulture, 13 agosto 1861
«Sig. Carmine Donatelli Crocco.
Rendo grazie della libertà accordata ai miei dipendenti caduti nelle vostre mani. Una seconda volta nell'interesse del paese, di tante famiglie e nell'interesse vostro, io vi invito a deporre le armi e vi assicuro che non sarete fucilati e la causa vostra sarà rimessa alla clemenza sovrana. Dimani non verremo pel lasciarvi tempo a riflettere. Se nonostante questa mia insisterete a mostrarvi ribelle alla legge, sarò costretto, mio malgrado, darvi la caccia per avervi o vivo o morto.
p. c.»
Ecco la mia risposta:
«Signori a tutti ossequi.
Non posso assolutamente aderire alla vostra domanda perché S. M. Vittorio Emanuele ha rigettato l'istanza dell'avvocato signor Francesco Guarini e rigetterà ancora ogni altra, anche appoggiata da V. S. e siccome non voglio servire da trastullo a chi assisterebbe alla mia fucilazione, così sono pronto a vendere a caro prezzo la vita.
Sovvengavi che nel posto che io occupo ora, nel 1808 fu trucidato un intero reggimento di Re Giocchino Murat.
Carmine Crocco».
Fedele alla parola data il Comandante piemontese stette 24 ore inoperoso nella speranza che io mutassi consiglio; questo tempo fu per me preziosissimo poiché ebbi mezzo di rafforzarmi nel mio piccolo campo trincerato.
Vedevo con piacere con quanto ardore i miei pastorelli lavoravano; essi avevano compreso di quanta utilità potesse tornar loro quella specie di siepe, fatta di pali, fascine, terra e sassi; e misurandone l'altezza, la resistenza, facevano pronostici sull'imminente combattimento. Il Coppa, più feroce tra tutti, aveva giurato di ubriacarsi di sangue, come gli era successo a Caiazzo,
48