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Io brigante

Carmine Crocco Donatelli
Tipografia G. Grieco, 1903, pagine 98

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   Questo distaccamento aveva avuto l'ordine di eseguire un largo movimento sulla sinistra del Gorgoglione per piombare all'improvviso a tergo della posizione occupata dalle truppe, e per assicurarmi che l'altra colonna, partita da Matera e segnalata da alcuni giorni a Tricarico, non fosse giunta a portata tale da poter muovere in rinforzo immediato delle truppe da me sconfitte.
   L'incontro quindi fu del tutto fortuito; i miei vedendo quella gente in fuga cominciarono a far bottino, ma quando si accorsero della presenza della truppa fuggirono a rotta di collo rientrando al luogo del nostro bivacco.
   Caruso, che aveva il comando di quel distaccamento, mi raccontò la commovente scena di quello scontro impreveduto. All'apparire dei primi cavalieri della banda, tutte quelle persone, che spaventate fuggivano per porsi in salvo da un pericolo imminente, si credettero perdute, per cui emettendo grida e lamenti, rincularono sulla guardia mobile. E poiché la strada non era spaziosa ed in quel punto correva a mezza costa, così buona parte di persone precipitò in un sottostante burrone, mentre altre fuggivano, gridando, per l'aperta campagna. E tra quelle tremila persone scorgevi la balia con al seno il signorino poppante, seguita dalla signora paurosa, convulsa per la sorte del suo piccolo nato, e più oltre servi fedeli trascinare a stento vecchi padroni resi incapaci a camminare dall'emozione e più ancora dalla paura. Qualche famiglia s'era fatta accerchiare dai propri guardiani armati sino ai denti, e sotto la protezione di questa gente fidata aspettava trepidante la fine del dramma, sicura che i suoi difensori si sarebbero fatti trucidare prima di cedere. Non mancavano neppure i signori rimasti soli a difendere sé stessi, causa non ultima le iniquità commesse verso il popolo, abusi vergognosi, avarizia, prepotenze, violenze d'ogni specie, sempre impunite, sempre tollerate. Ancor oggi si dice che la reazione fu il frutto dell'ignoranza, ciò sarà vero, anzi è verissimo, ma, a promuovere la reazione vi concorsero pure questi arrabbiati signorotti di provincia, i quali con sfacciata millanteria dicevano: «È venuto il tempo nostro». Ed i poveri oltraggiati risposero: «È venuto pure il nostro tempo», e così in molti paesi
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