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Io brigante

Carmine Crocco Donatelli
Tipografia G. Grieco, 1903, pagine 98

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   E pensare che io mi sarei accontentato della signoria di quel paesetto di Aliano, e devo invece morire nel bagno penale! Ma pazienza, morrò benedicendo, ringraziando la clemenza di S. M. Vittorio Emanuele, il quale firmò la grazia che commutava la pena della morte in quella dei lavori forzati. Ringrazio, non perché ho potuto vivere di più, ma per avere liberato i miei parenti dall'obbrobrio di sentirsi dire: «Siete nipoti dell'impiccato».
   Nella mia abitazione reale, io, abituato alla rozza vita dei campi, non mi trovai a disagio, e seppi tosto adattarmi alle esigenze della vita signorile. La sera in quella sala da pranzo, dove chi sa quanti baroni, conti, duchi, marchesi e forse qualche Re, avevano cenato, colà cenai anch'io. La mensa era sontuosa, la servitù galante; ebbi il primo posto, quindi per ordine sedettero a tavola circa trenta persone. La gente di servizio in completa toeletta di gran gala, dipendeva da' miei cenni.
   L'andirivieni di piatti uno più finissimo dell'altro durava da circa mezz'ora, ed io non avevo assaggiato cibo di sorta, mentre i miei ufficiali in men che non si dica divorando fecero onore alla mensa imbandita non per noi di certo, ma pel decapitato capitano e pel suo seguito. Poco dopo il mio servo fedele (Dio l'abbia in pace poiché più tardi morì per me), mi portò del pane, un pò di caciocavallo, due mele, delle noci e cinque ova sode, e questo fu il pranzo mio per quella faticosa giornata.
   La sera prima in quella medesima sala da pranzo era stata tenuta una lunga conferenza sul conto nostro tra il capitano ucciso ed il fior fiore dell'aristocrazia del paese. Ed a tavola si era brindato alla mia cattura ed a quella di Borjés; però il capitano Pellizza (da quando mi fu riferito) la sera antecedente alla sua morte era di umore tetro e pare abbia presagito la sua fine, poiché ebbe a ripetere a più riprese: «Non mi avranno mai vivo nelle loro mani, saprò morire come si conviene».
   Al mattino, impressionato forse dal meschino contingente di soldati ai suoi ordini, coi quali doveva tener fronte a forze dieci volte superiori, il prode capitano, dopo aver misurata tutta la grave responsabilità che su lui cadeva, si era fatto triste e pensieroso, e coi compagni, pur fingendo celiare, parlava loro di morte sicura. Forse nell'animo di quel valoroso coll'avvicinarsi
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