Alla vista di tanta forza, ordinai di prendere posizione sull'alto del ciglio della strada, al sicuro della cavalleria, e con un nutrito fuoco in ritirata poi, internarmi nel più fitto del bosco. Quell'attacco fu per noi un disastro, poiché lasciammo sul terreno oltre quaranta persone tra morti e feriti.
Caddero pure prigionieri otto o dieci dei nostri, che vennero immediatamente passati per le armi, e tra questi la moglie del mio amico Teschetta, che seguiva la banda vestita da uomo.
Ricordo la triste fine del mio fido compagno il fratello di Volonino, ucciso da un prode bersagliere dell' 11° battaglione.
Ero di ritomo da un'esplorazione eseguita verso il paese di Candela, quando mi venne segnalato l'approssimarsi di un distaccamento di bersaglieri rinforzato da un plotone di ussari. Ordinai la ritirata e di galoppo guadagnai la sponda opposta del-l'Ofanto, internandomi tosto nel fitto del bosco. Una pattuglia fiancheggiante, comandata dal Volonino, sorpresa all'improvviso non ebbe tempo di salvarsi utilizzando il guado da noi conosciuto, e per non cadere nelle mani della truppa affrontò la corrente in un punto pericoloso. A tal vista gli ussari che inseguivano si arrestarono sparando addosso ai miei le loro pistole; disgraziatamente il cavallo del Volonino guadagnata la corrente avvicinandosi alla sponda cominciò ad affondare nel fango. Ratto come uno scoiattolo un bersagliere si spogliò nudo e col fucile impugnato affrontò, malgrado il rigore del freddo, le acque dell'infido fiume, raggiunse il brigante, lo uccise con un tremendo colpo di baionetta al petto, e ritornò all'opposta riva trascinando cavallo e cavaliere. Ho percorso colla mia banda le deliziose pianure di Foggia, la terra di Bari, la marina di Basilicata, mi sono spinto fin sotto a Lecce, a Ginosa, Castellaneta, compiendo ovunque depredazioni e ricatti, talvolta sfuggendo le truppe, tal'altra attaccando all'improvviso, spesso coll'agguato e coli'insidia. Ferito quattro volte, ho visto cadere ad uno ad uno i miei più fidi, ebbi dolorosi abbandoni da compagni già carissimi, che preferirono la vita sicura dell'ergastolo che la morte sul campo o la fucilazione alla schiena e da ultimo fui tradito da quel Caino fratricida di Giuseppe Caruso, ma, non acceleriamo gli avvenimenti, parlerò di ciò a tempo opportuno.
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