I miei gregari mi amavano e mi ubbidivano senza bisogno di mezzi coercitivi, qualche severo esempio dovuto dare per disciplinare le orde, mi fu strappato direi quasi a forza dalla necessità dal momento, ma fui sempre con tutti affabile ed amico, anziché superiore. Ogni mio desiderio era órdine per i miei gregari ed in qualche operazione azzardata, nella quale dovevano concorrere pochi briganti, era per me doloroso il dover sempre respingere la spontanea cooperazione di volenterosi che spontaneamente si offrivano per compagni nell'impresa.
Ebbi chiamate da Generali e da Prefetti ove mi si promise non dico la libertà, perché mentirei, ma assicurazione della vita, qualora mi fossi presentato; mi mostrai sempre sordo ad ogni invito, convinto che sarei stato rinchiuso in perpetuo, essendo io il capitano generale di tutti i briganti della Basilicata. Molti miei gregari allettati dalla speranza di una lieve condanna, senza rendermi avvertito, si presentarono in Rionero al generale Fontana e si ebbero condanne non gravi, in confronto ai compiuti delitti. Costoro furono sempre da me detestati e citati di codardia all'ordine del giorno.
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