tura, e non sarà difficile farsi un'idea del mio stato d'animo in quei giorni.
Scampato miracolosamente a Monte Caruso ed all'Ofanto dopo di aver perduto i migliori fratelli, riunii i più fidi al bosco di Sassano per combinare sul da farsi. Furono vari e disperati i pareri, e tra i tanti, prevalente per numero, quello di riunirsi compatti contro Caruso per vendicare il nostro compagno Masiello.
Di parer contrario, per la difficoltà di stare raccolti in forte massa, senza incappare continuamente nella forza feci nota la irremovibile decisione presa di ritirarmi in Roma lasciando ognuno libero di sè.
La sera del 28 luglio 1864 dodici uomini montati sopra superbi cavalli pugliesi, nei pressi del comune di Monteverde, provincia di Avellino, sfidando per l'ultima volta la truppa del R. Esercito italiano, poi per la strada nazionale calmi ed orgogliosi passano rasente le mura della città di Lacedonia giungendo verso sera in vista d'Ariano di Puglia. Camminano quegl'in-trepidi cavalieri per città e villaggi percorrendo tratturi nascosti, il fitto dei boschi, lungo il letto di fiume, superano ostacoli seri, affrontano gravi pericoli, risoluti di giungere sul suolo pontificio.
Sciagurati dove andate? A chi prestate fiducia? Qual pensiero vi guida? Tornate nelle vostre selve, alle macchie vostre, ite lungi dai principi dei sacerdoti imperocché dessi sono più vili e traditori degli antichi giudei!...
Dei dodici cavalieri sette caddero malati per via e assaggiarono il piombo del governo, io ed altri quattro scendemmo a Roma.
Da uno dei sette colli spedii ad un diplomatico una racco-mandatizia avuta da un signorone meridionale, che non nomino Per non offendere la sua memoria.
Quegli mi rispose dandomi consiglio di presentarmi al governatore del Papa Re, cosa che io feci tosto. Che fece il gran Pio IX? Ci seppellì alle carceri nuove di Roma, poscia ci trasferì alle carceri di San Michele a Ripa sempre chiusi in cella di rigore.
Alle tante e reiterate mie suppliche per essere consegnato al
È
95