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Io brigante

Carmine Crocco Donatelli
Tipografia G. Grieco, 1903, pagine 98

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   governo d'Italia, non fu risposto mai. Chiesi di avere un pò di denaro del mio (sequestratomi all'atto dell'arresto) per supplire al magro vitto, n'ebbi in risposta dall'esecrato monsignore Ran-di Lorenzo, governatore di Roma, «e quando sarai libero come farai a vivere se ora consumi i tuoi denari?».
   Il Santo Padre ricevendo nel suo regno la mia persona doveva dire: «Tu hai toccato le mie vesti, hai baciato la mia pantofola ti siano rimessi i tuoi peccati»; quindi doveva scrivere così a S. M. Vittorio Emanuele Re d'Italia: «Carissimo figlio. Si è costituito a me un gran peccatore, Carmine Donatelli Crocco. Io come padre dei figli cristiani gli ho perdonato i suoi peccati affinchè non vada all'inferno per l'eternità, tu, figlio mio, come Re cristiano, puniscilo ma lascialo in vita affinché nella carcere abbia mezzo di ravvivare il suo senso morale e chieda a Dio il perdono del male fatto su questa terra, e così colla mia e tua virtù lo manderemo pentito al giudizio finale».
   Ciò non fece, quindi ho il diritto di maledire la sua memoria, il suo triregno e la sua scellerata curia. Voi nobili figli d'Italia, avete conosciuto ed amato il Re Vittorio Emanuele della Casa Sabauda. Vi basta l'animo di credere che dopo la raccomandazione del Papa, mi avrebbe fatto giustiziare egualmente?
   Dopo 31 mesi di carcere duro nutrito con una libbra di pane al giorno ed una zuppa di legumi, fui mandato in Francia.
   Pio IX per non dar dispiacere al ex Re, che io avevo servito, e che mi aveva suggerito di presentarmi a Roma, traendo ragione ch'io ero suddito del Re Gioacchino Murat, mi fece rilasciare dall'ambasciata francese un passaporto per l'Algeria e mi spedì sul territorio francese.
   In Francia fui arrestato e per tre mesi godetti le delizie del carcere straniero tormentato da insetti comuni, e da un digiuno forzato. Dopo l'andirivieni di note diplomatiche tra le Corti di Roma, Firenze, Parigi, sul diritto della mia persona, Napoleone III, salvando capra e cavoli, da Marsiglia mi ritornò a Roma a disposizione del Pontefice. Dopo poco tempo venni mandato alle carceri di Paliano, oVe fui caricato di catene e chiuso nella torre di quella Rocca, per dar principio al secondo digiuno, che durò fino al settembre del 1870.
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