Per assicurare il lettore che malgrado la strombazzata mia ferocia, io mi mostrai generoso e buono con chi non aveva mai fatto del male, vi prego di interrogare il signor Pasquale Saraceno, uno dei più ricchi proprietari di Atella, onesto, liberale e capitano nella guardia nazionale.
Ricordo, come se fosse ora la franca e leale sua dichiarazione fatta al mio processo, essendo egli stato citato quale testimone a carico.
Caduto nelle mani di una pattuglia dei miei guidati dal feroce Ninco-Nanco, il povero signor Saraceno fu condotto innanzi a me, perché stabilissi prima la somma del suo promesso riscatto, ed a denaro ricevuto ordinassi il genere di supplizio per lui spettante, quale capitano della guardia nazionale.
Prima ancora ch'egli invocasse pietà per la sua persona, quando mi venne presentato, io mi dolsi della sua cattura ed imprecai contro la sua dabbenaggine che lo aveva spinto a recarsi per strade pericolose.
Pensai a sua madre, alla sua signora, ricordai ch'egli in altri tempi si era mostrato meco umano, e giurai tra me e me di liberarlo subito ad ogni costo. Ho dovuto lottare contro la testardaggine di Ninco-Nanco e la ferocia del Coppa, e poiché il signor Saraceno non aveva seco denaro, per ottenere la sua libertà, ho dovuto rendermi di persona mallevadore, che se egli non spediva 400 ducati, avrei io stesso pagato del mio, dandone 200 al Coppa e 200 a Ninco-Nanco. Ed ebbi il piacere di veder libero il signor Saraceno, anzi mi ricordo che per maggior garanzia, lo accompagnai io sin presso Atella.
Comprendo da me stesso, che molti leggendo questa rozza narrazione saranno presi, e non a torto, da un senso di ribrezzo e di nausea; ma poiché è scritto che la misericordia di Dio è infinita, io mi auguro che anche quella degli uomini sia tale, e che un sincero pentimento e 40 anni di ergastolo, possano redimere l'uomo di fronte al giudizio del suo simile e il peccatore innanzi al giudizio di Dio.
Riguardo poi a dare alla stampa questa mia autobiografia, Ella non va soggetta a veruna critica, avendo nelle sue mani l'originale scritto di mio proprio pugno; quindi faccia una savia
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