Storia arcana ed aneddotica d'Italia di Fabio Mutinelli
5.5
mento, posto in chiaro bastantemente il delitto fino a questo segno.
Ogni giorno si fanno dei prigioni, come prima, per gli 20 luglio uuti della città, et per polvere che medesimamente viene gettata addosso alle persone, con la quale morir bisogna necessariamente in poche bore, et s< giudica, che arte diabolica certamente concorra nelie compositioni et nel negotio, stante il non potersi uè ritrovare rimedio al male, nè cavare dagli esecutori tutto quel che si vorrebbe. Un barbiero (1) tenuto per principale in questo proposito, fra quei che sono in potere della giustitia, sta condannato a morte terribile, et estraerdi-naria per posdomani, ma delle sue più certe imputationi, cioè da che, 0 da chi persuaso, non si parla ancora, parendo che li ministri per altri rispetti, dicono, si schivino di palesarle Intanto la mortalità continua, et pochissimi vanno fuori di casa, per dubbio della vita, ancor ché, per i bisogni del Magistrato sopra la Sanità, tutt'i capi di casa, cosi nobili, come mercanti, siano stati chiamati a Milano con grida severe del marchese Spinola, et del Senato unitamente. Fra questa afflinone, preservatasi tutta ia 111'a famiglia per h mesi passati dal male contagioso, è accaduto finalmente, che un paggio, 0 tocco dalla pestilenza reale, 0 dagli unti, 0 dalle polveri, mi è morto in questa casa in quattro giorni, sebbeu vivesse egli con tutta la riserva possibile; et era quello appunto che ini aiutava a spogliare, et a vestirmi; onde, serrato da hieri in qua, resto io pure con tutta la servitù, per ogni buon rispetto Tutte le robe, et vestiti tocchi dai poverino predetto hoCase rotte, la quale assisteva i condannati a morte, trovasi, fra gli uccisi del 1630GWcinto frate de" Servi.
(1) Gian Giacomo Mora. Sul processo, e sulla miserabile «M di costui, e di altri reputati rei di appiccar la peste? e oonxiderali per ciò come Un/uri. veggasi la iNota A, nella qu ;ìe mi permetto di riportare il circostanziato ed assai interessante racconto che ne fa il sopra lodato Cesare Ganlù nei tuoi Ragionamenti sulla Storia Lombarda del secolo XYIl
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