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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincia di Milano
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1894, pagine 547

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Lombardia
   -1 fi
   tanti secoli, avevano seminati cereali d'ogni natura : avevano creato quelle praterie meravigliose che furono sempre uno dei vanti maggiori della Lombardia. Nè colla venuta de'Galli di Relloveso, gli Etruschi migrarono altrove: rimasero invece in quelle terre che lavoravano con tanto amore e dalle quali ritraevano utile non poco: nè con essi furono duri i conquistatovi, poiché, nell'interesse comune, i due, popoli, poco per volta, si fusero in uno solo, la voratore, ricco ed apprezzato ad un tempo : quel popolo, infine, della Gallia Cisalpina, che fu minaccia alla fortuna di Roma fin quasi nella rocca sacra del Campidoglio. La spedizione dei Galli Cisalpini —del cui lira), o capo, gli storici romani cambiarono il qualificativo in nome proprio — sn Roani segnò uno de'massimi pericoli corsi dalla repubblica latina, salvata dalla sola, dalla pronta virtù di abnegazione di Furio Camillo. Ma dal pericolo corso. Roma apprese a misurare la gravità di quello clic le sovrastava fin che i Galli fossero lasciati padroni agguerriti sulle loro terre. Fu intonato allora il Finis Galline, come poco più tardi, per le stesse ragioni, si dovette gridare il Belenm Cu ri litigo: per Roma questioni di vita o di morte. La sottomissione de'Galli Cisalpini assicurava a Roma il dominio sull'Italia: la disfatta di Cartagine le assicurava la Sicilia e l'egemonia sul mare. Tina impresa de' Romani contro i Galli Cisalpini, tentata sotto i consoli Lucio Furio e Caio Flaminio (223 a. C.) non riesce: i Romani da poco varcato il Po, entrando uell'Insubria, sono sconfìtti e costretti a ripiegarsi nel paese de' Cenoniani (Bresciano), tribù gallica che s'era staccata dal nucleo principale di sua nazione per allearsi coi Romani. Vlla disfatta Roma pose pronto riparo inviando nella Gallia Cisalpina un capitano de'più famosi che la storia rammenti, Marco Claudio Marcello, coadiuvato dal console Gneo Cornelio a. C.). La resistenza dei Galli Cisalpini in quella catastrofe di lor nazione, fu ammiranda, eroica: ci volle tutto il valore, tutta l'arte, tutta la perseveranza del futuro conquistatore dì Siracusa per superarla. Essi avevano proclamato, in mi supremo momento, una specie di guerra santa, togliendo dai templi le Immobili, o bandiere auree, consacrate agli Dei : tutti, uomini, donne, fanciulli, vecchi, avevano prese le armi e coadiuvavano l'impresa; furono battaglie feroci, accanite, per l'ostinazione dei coni! itenti, ma la. rabbia selvaggia delle schiere galliche si spuntava contro la compattezza ferrea delle legioni romane; i Galli, circuiti ognora, più dalle branche di ferro degli eserciti sempre freschi, che Roma, decisa di finirla, ammanili va e mandava a Marcello, cominciarono a perdere teireno, a perdere castella e città: Como, Milano* i loro più cospicui propugnacoli caddero 111 potere di Marcello, segnando così il momento acuto della catastrofe. Furono pel trionfo inviate a Roma — se gli storici latini non esagerano — oltre cinquecento bandiere, quattrocento e più carrette cariche di spoglie e d'armi de'nemici, infinite collane d'oro ed anelli, ch'erano gli ornamenti preferiti dai Galli.
   La repressione romana fu, come sempre, atroce. Marcello, che pur passò nella storia colla fama di mite e di giusto, fece, scannare, davanti agii altari di Giove, qnanti giovani e validi Galli, tra ì maggiorenti, erano rimasti prigionieri: infiniti furono i venduti in schiavitù o quelli incatenati sulle triremi, che Roma allestiva già per la sua guerra in Sicilia: altri riservati ai ludi del circo, ai lavori duri delle strade,' delle, monumentali costruzioni di Roma, ed al prosciugamento delle paludi, che si stendevano nelle vicinanze della città eterna.
   I più fortunati, quelli che poterono sfuggire all'ugue del conquistatore, datisi alla montagna la rivalicarono, rientrando nella madre patria, la Gallia Transalpina: i deboli, i minori, quelli che non vollero abbandonar© il paese furono asservati alla gleba. I primi proconsoli, che Roma mandò a governare la Gallia Cisalpina la tennero severamente, sottomettendola a Contributi sì gravosi ed ingiusti da sembrar rapine; ma poi anche i proconsoli insieme alla fiducia che Roma andava acquistando nella obbedienza dei popoli soggetti, si raddolcirono: ve ne furono de'giusti ed umani, come Cicerone, che