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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincia di Milano
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1894, pagine 547

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Monza
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   Ma quanto si temeva facessero i Torriani — eli»1 lasciarono tradizione d'onestà e rettitudine polìtica assai migliore di quella dei loro competitori e superiore di certo alla inedia comune del tempo — lo fece poco stante lo stesso arcivescovo Ottone Visconti. Perocché, dopo la battaglia di Desio (21 gennaio 1277), venuto ni possesso di Monza, e trovandosi in urgente bisogno di danaro per pagare le truppe, consultò l'inventario del tesoro fattogli dal fido Ogni bene, ed osservato che la stima di quella parte del tesoro che era in pegno presso gli Umiliati superava di molto il valsente del prestito fattovi sopra, obbligò quei monaci a restituire parte degli oggetti che essi avevano in cauzione del loro credito, e ch'egli si affrettò subito di impegnare da altra parte, per trarne i danari di cui abbisognava.
   Con queste alternative fra Ghibellini e Guelfi, fra la signoria dei Visconti e quella dei Torriani, languivano e si avviavano alla loro morte le libertà comunali, di cui Monza ila oltre un secolo godeva, al pari delle altre città minori di Lombardia.
   In tale periodo il Comune di Monza ebbe il suo capitano del popolo e podestà, i suoi decurioni, il suo Consiglio generale, ed i suoi statuti, riconosciuti ed approvati con patenti imperiali e rejiie, e lo stendardo proprio coi colori bianco ed azzurro.
   Nel principio del secolo XIV si fanno, anche in Monza, più acute e feroci le lotte intestine. La caduta irreparabile dei l'orriani, avvenuta nel 11511, col favoreggiamento evidente dell'imperatore Arrigo VII dì Lussemburgo—ri velatosi ben differente da quello che Dante ed altri illuminati ghibellini avevano sperato fosse — costrinse i Monzesi, rimasti sempre fedeli ai Torriani, a pensare ed a provvedere ai casi loro per l'avvenire. Nel 131-2 Galeazzo \ isconti, succeduto al padre Matteo Magno, assicuratosi il dominio di Milano e d'altre città lombarde, scrisse a Giovanni Morigia, suo amico, ed al Comune di Monza di tenersi fedeli a lui ed al partito ghibellino, a scanso di sue rappresaglie. Letta questa missiva nel Consiglio cittadino, Giovanni Morigia, sostenuto anche da Jacopo RiboMi e da l'ranzio Baldirone, perorò in favore dell'amicizia col Visconti e coi Ghibellini. Oppugnarono questo partito Catrepora Bosouo e Ruggero da Belleu-zone — uomini facinorosi che i cronisti dipingono come peste, del paese — nonché da Riccardo Pollastra, dagli Stratoni, e Liprandi, ì quali, sebbene fossero di parte ghibellina, avevano ragioni di privati, ferissimi rancori verso il Morigia. La discussione, dalle parole vivaci trasse agli insulti, quasi alle violenze, e l'assemblea dovette sciogliersi senza prendere alcuna deliberazione. All'indomani il Morigia, uscendo dalla chiesa di San (liovanni, fu assalito da due sicari clic lo colpirono di varie ferite, non mortali. 11 fatto produsse grande impressiono in Monza, riversando le simpatie della città sul Morigia. Galeazzo Visconti mandò da Milano il proprio fratello Stefano a visitare il ferito, ad attestargli amicizia ed a promettergli difesa e vendetta.
   Promesse per allora rimaste vane; poiché, mentre ili Monza a seguito di questo fatto eransi accese più vive che mai le discordie cittadine, fomentate dalle famiglie dei Magantelli e degli Stratoni che s'erano poste, alla testa delle due fazioni, in Milano riprendeva il sopravvento la parte guelfa, tanto che Galeazzo Visconti fu costretto, insieme ai suoi figli e nipoti, ad uscire da quella città 1*8 novembre 1322. Presente al fatto era il cronista monzese Buonincontro Morigia, che, insieme ad Arturo Liprandi trovavasi in Milano oratore di Monza presso quel Comune. Vedendo moltiplicarsi per questo fatto ì pericoli dei Ghibellini, spedì a Monza un suo parente, Simone Morigia e Pilato da Lodi, entrambi Ghibellini, onde indurre Krecco Liprandi e Gravasio Stratone a perorare per la causa dei Ghibellini, iiidiiceiido gli avversari alla pace. Invano. Le lusinghe di novità avevano allettato i Monzesi a fidarsi dei Guelfi: Lrecco e Gravasio respinsero i prudenti consigli del Morigia e trascinarono la patria nell'avventura che non poteva aver buon esito, essendo le forze dei Guelfi inferiori, disperse e divise fra di loro per le nimicizie dei loro tapi. Nondimeno le famiglie ghibelline monzesi — che il Morigia designa coi nomi di Pelucchi, Regi, Stratoni, Morigia, Giudici, Liprandi,