/l'JO
l'arte Seconda — Alta Italia
< tribolazione ai Monzési, quale non fu a memoria d'uomo: ancor peggiore ili quando
< vennero saccheggiati e spogliati dai Milanesi >.
Ma finalmente la città dovette arrendersi il 10 dicembre 1324. Dopo lunghe trattative il cardinale Legato, Bertrando del l'oggetto, alla cui ostinazione specialmente si dovette quella guerra, che per più di due anni consecutivi aveva desolata la Lombardia ed era costata migliaia di vite umane, eoi l'intèrni ed iaritì di Raimondo da Cordova — nella sua prigionia in Milano da Galeazzo trattato assai onorevolmente — col consenso del papa Giovanili XXII, allora sedente in Avignone, e di Roberto re di Napoli, grande campione del guelfismo italiano, stipulò con Galeazzo Visconti una onorevole pace.
Pensando di quanta molestia gli era stata causa Monza posseduta dai nemici, a breve distanza da Milano, Galeazzo ebbe per prima idea di far vuotare la città e spianarla al suolo. Ma poi venne a miglior consiglio. < Importava molto — scrive il Verri — il non « avere alla distanza di sole dieci miglia da Milano un borgo facilmente prendibile
< e nel quale i nemici, con molto numero d'armati, potessero sostenersi per alcuni
< mesi, siccome poc'anzi era accaduto. Per tal motivo Galeazzo I, l'anno 1325, fabbricò « un castello in Monza, di cui vedesi anche oggidì (1782-83) la torre rovinosa. Il modo « col quale fece quel principe fabbricare quella torre ci prova sempre più quanto poco « rassomigliasse al buon Matteo suo padre. Veggonsi anche al dì d'oggi le orrende « prigioni destinate a far soffrire l'umanità, calandovi gli uomini come entro un
< sepolcro per un buco della vòlta, ove discesi posavano sopra un pavimento convesso « e scabroso, tanto vicino alla vòlta da non potervisi reggere in piedi. Così egli aveva « immaginato il modo di aggiungere all'angustia, alla privazione della libertà, al timore
< dell'avvenire, al maligno alimento del cibo e dell'aria anche il tormento di far suc-
< cedere una positura dolorosa ad un'altra dolorosa. Galeazzo 1 quest'unica memoria « ci lasciò come sovrano: poiché la signoria di lui fu breve, e la cagione la troviamo » nella domestica discordia : .
Di tale discordia fra Galeazzo, Marco e Lodrisio Visconti, per ragione di dominio, era già trapelata la notizia nel popolo ; e quando fu finita l'opera del castello, ed il popolo — per salutare ammonimento — fu ammesso a visitarlo ed a vedere quel nuovo trovato delle prigioni a forno, come dieevansi quelle buche, si sparse il vaticinio che o l'uno o l'altro dei tre Visconti sarebbe stato il primo a sperimentare l'orrore di quelle bolgie.
Cresciuti i dissapori fra ì tre Visconti, Marco e Lodrisio sollecitarono Lodovico il BaVaro, proclamatosi imperatore e re dei Romani da poco, a discendere in Italia, dimostrandogli che la politica di Galeazzo danneggiava gli interessi ghibellini favorendo invece quelli del papa e dei Guelfi. Il Bavaro, che già aveva intenzione di venire in Italia a far quattrini, ascoltò quelle sollecitazioni e si mosse. Marco gli andò incontro a Trento per rinnovargli le recriminazioni sue contro il fratello. Con grandi feste l'imperatore fu ricevuto da Galeazzo a Como, ov'erasi subito recato per incontrare la moglie, venuta in Italia da quella parte ; e sebbene fra i tre fratelli in Como avvenisse un grande litigio egli, con molta abilità, sedò la cosa, promettendo di rendere giustizia e di accomodare tutto in Milano. Quivi entrò il 17 maggio 1327, ricevuto con grande sfarzo da Galeazzo, il quale, con donativi preziosi e con danaro seppe cattivarselo, e malgrado le rimostranze di Marco e di Lodrisio, lo nominò vicario imperiale. In compenso Galeazzo gli spianò ogni difficoltà per l'incoronazione sua a re d'Italia, avvenuta colla Corona ferrea nella basilica di Sant'Ambrogio in Milano l'ultimo giorno di maggio di quell'anno.
Terminata la cerimonia ed avuto da Galeazzo quanto desiderava il iv.raro, dando finalmente ascolto a nuove recriminazioni di Marco e di Lodrisio e dei molti loro partigiani — insospettitosi inoltre della soverchia potenza che andava prendendo