Stai consultando: 'La Patria. Geografia dell'Italia Provincia di Pavia', Gustavo Strafforello

   

Pagina (302/313)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina      Pagina


Pagina (302/313)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina




La Patria. Geografia dell'Italia
Provincia di Pavia
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1896, pagine 302

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

Aderisci al progetto!

   
[Home Page]




[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   200 l'arte Seconda — Alta Italia
   incendiarono partendo gli uffici e gli archivi del Comune, per puro sfogo di malvagità soldatesca.
   Nel periodo preparatore dell'indipendenza nazionale Stradella fu un centro attivo di cospirazioni contro l'Austria: quivi convenivano e abitavano in gran numero i profughi delle vicine Provincie lombarde soggette all'Austria, tanto che Stradella allora era detta la « Coblenza dei rifugiati lombardi ». L'ospitalità cordiale che vi ricevevano da questa popolazione, franca ed istintivamente generosa e liberale, è ricordata da molti di quei profughi con parole di viva gratitudine. 11 loro punto di riunione era il Caffè ormai famoso della Shtm l'eppa, sotto i portici dell'allor palazzo comunale, in piazza Vittorio Emanuele, e là si concertavano i mezzi per far entrare in Lombardia giornali e stampe di propaganda, o per far passare il Po a chi tentava di sfuggire alle persecuzioni della polizia austriaca, o a chi voleva rientrare in Lombardia ad affrettarne gli eventi, il tentativo del G febbraio 1853 in Milano fu, nelle sue linee principali, organizzato a Stradella ed a Lugano; a Stradella operavano Depretis, Cairoli, Sacchi, I'iolti de Bianchì ed altri; a Lugano Mazzini, Saffi, Klapka ed i loro compagni
   Il Governo austriaco sapeva questo e ne fece più volte rimostranze al Governo a Torino. Perciò fu con feroce voluttà che, all'inizio della campagna del 1859, invaso il \ì maggio, l'Oltrepò Pavese, il feld-maresciallo Urban potè compiere le vendette del sui Governo in Stradella. Si cominciò coll'imporre alla piccola città lo stato d'assedio più rigoroso; a pretendere enormi contribuzioni di generi che ragionevolmente non si potevano chiedere, non essendo nella produzione agraria del territorio; colla minaccia di fucilazione immediata per coloro che entro due ore dal bando non avessero consegnate le armi e le munizioni che tenevano nelle loro case. Poi, fatti radunare, sempre per pubblico bando, tutti gli uomini sulla pubblica piazza, Urban ed i suoi ufficiali scelsero novantanove giovani e fattane fare una doppia fila, attorniata da cinquanta uomini di cavalleria, li fece immediatamente partire per I'iacenza, sotto pena di fucilazione pei riluttanti, ed i 36 chilometri che dividono Piacenza da Stradella furono fatti percorrere a quei disgraziati tutti di seguito, quasi al trotto dei cavalli, percuotendo coll'asta delle lancio e piattonate i ritardatari. A Piacenza vennero rinchiusi tutti in uno stanzone sotterraneo della caserma o palazzo Farnese, senza pagliericci e senza cibo e coll'avvertimento che si aspettava d'ora in ora dal comando supremo l'ordine della loro fucilazione. La cittadinanza, impietosita, provvide pagliericci, alimenti e conforti a quei prigionieri, che per una diecina di giorni, senza ragione di sorta, furono trattenuti in quell' immondo sotterraneo a 15 inetri sotto il suolo, trasudante acqua da tutti i muri. Molti ne ammalarono seriamente. Essi non furono rilasciati se non dopo l'esito della battaglia di Montebello e col concentrarsi delle truppe austriache tra l'Adda ed il Mincio, per appoggiarsi a Mantova e Verona, al famoso quadrilatero. A Stradella, frattanto, sciolto il Municipio e tenuti in ostaggio tutti i suoi membri e gli stessi impiegati, le truppe dell'Urban comméttevano ogni sorta di prepotenze e di sevizie a danno delle persone, senza che ad alcuno fosse permesso di recriminare.
   Nè meglio andavano le cose nelle circostanti campagne, ove scorrazzavano continuamente numerosi corpi di truppa austriaca. Ad esempio: un giovane contadino, certo Giuseppe Moroni, mentre su un albero di gelsi raccoglieva foglia per i bachi, fu preso a bersaglio da sei ussari ed ucciso a sciabolate mentre, già ferito, tentava evadere liei campi. Altri contadini furono presi, senza ragione, a schioppettate e due di questi, narrano i rapporti ufficiali del tempo, dovettero subire l'amputazione delle gambe. Altri furono sottoposti all'ignominiosa pena del bastone e tra questi certo Iloggeri, settuagenario, agente di Casa d'Adda, che subì settanta colpi di bastone e fu tenuto prigioniero e minacciato di fucilazione per essersi ricusato di dice ov'erano i Piemontesi. Ma queste barbarie 11011 scossero la fede di quelle popolazioni, uè il loro amor