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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincie di Bergamo e Brescia
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1898, pagine 540

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Valli del versante lombardo appartenenti all'Impero austro ungarico
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   fra le prealpi dolomitiche del Trentino. Come tutte le stazioni climatiche di prim'ordine e di gran voga, Arco è costituito ora, nella sua parte principale, da alberghi grandiosi e splendidi, nel maggior numero modernissimi; da ville, villini d'affitto e da case di pensione. Rimarchevole fra tutti, per la sua grandiosità, per i comodi che offre ai forestieri veramente ammalati, è lo stabilimento nel centro della valle detto Kurluiits o casa di cura o di salute. Il vasto giardino che lo fronteggia, a magnolie ed a palmizi, è delizioso.
   La piccola città di Arco, alquanto appartata dalla vallata ove sorgono i sontuosi alberghi e la non meno famosa villa dell'arciduca Alberto, è raggruppata ai piedi del poggio scosceso e franoso sul quale sorgono gli avanzi delle mura e dei torrioni dell'antico e famoso castello dei conti d'Arco; altra di quelle potenti famiglie feudali italiane, la storia della quale si intesse ad ogni istante con quella generale, belligera, burrascosa della regione.
   Il nucleo vero della piccola città d'Arco consiste in una larga via fiancheggiata da case belle e eleganti — taluna fra queste di ottimo stile del Rinascimento — tenute con molta cura e proprietà. Ri grandiosa architettura palladiana è la chiesa parrocchiale, assai ricca di stucchi e di marmi, di dorature e simili elementi decorativi, nonché di buoni quadri di scuola veneta, tra cui una grande ed eccellente tela di Domenico del Riccio, detto il Brusasorei, buon disegnatore ed efficacissimo colorista veronese del secolo XVII.
   Ciò che più di notevole presenta Arco, dopo le sue bellezze naturali, i suoi giardini, i suoi hólels, le sue ville principesche, è l'antico rovinato castello dei conti d'Arco, posto su d'un poggio di forma puntuta e strana, tutto scosceso, dirupato e, dalla parte del Sarca, che lo rade alla base, tagliato a picco. Le origini di questo castello, fra i più antichi e celebri del Trentino, sono ignorate, o per lo meno assai contestate. C'è chi lo vuole di origine romana — e non e ipotesi mancante di fondamento se si considera la necessità che avevano 1 coloni romani di munire e difendere i passi della valle contro le periodiche, continue e rapaci incursioni dei Rezii — e c'è chi lo vorrebbe eretto da Teodorico, il fondatore della monarchia gota in Italia. Comunque, nelle lotte incdiuevali il castello d'Arco ebbe sempre nel Trentino un'importanza grandissima; e si comprende come dovesse essere quel forte arnese di guerra di cui ci narrano le cronache tridentine e le tradizioni della valle, data la posizione sua inaccessibile da tre lati e difficilissima da uno, e dati gli avanzi formidabili dei suoi torrioni merlati e delle sue mura ciclopiche.
   Se Ariosto avesse, come Dante — che li percorso tutti — visitato questi paesi, si potrebbe dire clic dalla posizione, vero nido d'aquile e d'avoltoi, del castello d'Arco e dai suoi contorni acuminati e scoscesissimi, quali eoi pensiero si potino facilmente ricostruire anche oggidi, trasse 1 inspirazione pel concepimento di quegli strani centoturriti castelli, piantati siili orlo di precipizi senza fonilo, o sospesi quasi sulla vetta d'una montagna, fra cielo e terra, ove albergavano prigioniere o regine le eroine, e contro cui cavalcando gli ippogrili, combattevano gii eroi dell'immortale suo poema (fig. 115).
   Il castello d'Arco appartiene a questo genere di costruzioni mcdioevali leggendarie, pressoché fantastiche. Ila un'impronta tutta propria, che differisce dai gravi manieri delle vallate subalpine e dagli eleganti palazzotti dell'Apenniiio toscano. Sono infittiti gli assalti e gli assedi sostenuti nel periodo delle guerre feudali e del Principato ecclesiastico di Trento dal castello d'Arco. Vi si batterono sotto Scaligeri e Veneziani, Visconteschi ed Imperiali, Tridentini e Bresciani. L'ultimo assedio sostenuto dal castello d'Arco e che ne determinò la rovina fu, nel 1704-, durante la guerra per la successione di Spagna. I Francesi, capitanati dal maresciallo duca di Vendòme, penetrati a Biva e ad Arco per la valle di Ledro, con cannoni appostati sulle alture circostanti, smantellarono il castello, costringendo alla resa il presidio imperiale che lo teneva. Avutolo nelle mani il Vendòme mandò.i soldati a compir l'opera delle artiglierie saccheggiando il castello, incendiandolo e distruggendolo, e ciò perchè sentendosi costretto dall'imminente arrivo di forze imperiali ad abbandonare quel territorio, non voleva lasciare ai sopravvenienti luoghi ove potessero metter quartiere e rafforzarsi.
   Dopo questa catastrofe il castello d'Arco non restò che una curiosità archeologica, offrente una distrazione di più ai forestieri che passano l'inverno nella perenne primavera della conca arebese.
   All'estremità della piccola città la strada postale clic, da Biva si dirige a Trento, girato il poggio del castello, alla sua base attraversa il Sarca sopra un bel ponte in pietra, rinnovato dopo la terribile