Valli del versante lombardo appartenenti all'Impero austro ungarico
5(J5
più granili fenomeni tellurici che abbiano sconvolte queste valli e che ha riscontro cogli slavini famosi di Marco, ricordati da Dante nei versi dell'Inferno:
Questa gola delle Marocche, stretta, angusta in ogni parte, cupa per la tinta della dolomia, spoglia d'ogni vegetazione, dà completa, esatta I idea dello inabissarsi, dello sfranamento immane d'una intera montagna, sul percorso nnn breve ili 4 a 5 chilometri.
A sinistra di chi procede verso Trento, la parete dolomitica si erge di parecchie centinaia di metri a perpendicolo, formando per chi giunge dal declivio opposto alla sua sommità, all'orlo di essa, uno spaventevole precipizio. E poi giù a valle c'ò tutto l'enorme sfasciame del monte, fra il quale rumoreggia, trabalza il fiume, e corre la strada maestra. I massi caduti dal monte durante quel formidabile movimento d'ogni cosa sono piccole montagne, son colli, che rimasero sprofondati sui detriti o poggiati sul declivio nelle guise, nelle forme più strane. E al di là del fiume, al di là di tutti quei inassi colossali, di quei pezzi di montagna infrantisi ed abbattuti, il paesaggio non è meno sinistro. Non traccia di abitazioni umane, non segno di qualche utile vegetazione, all'infuori dello sterpeto, delle erbaccie fra quelle strette gole, fra quelle insenature sboccanti nella vallata principale. Solo, sopra un poggio di media altezza si scorgono gli avanzi d'un torrione c della cinta quasi diroccata d'un vecchio castello, per giungere al quale nessuna strada si disegna. Questo delle Marocche pare tutto un paesaggio morto e maledetto. Anche la strada faticosa ed erta fra quei dirupi, che si percorre lentamente., influisce nell'accrescere. l'impressione sinistra del luogo.
Quanto all'epoca nella quale può essere avvenuto il cataclisma che determinò lo sfasciamento di queste e d'altre montagne della regione, i geologi la fanno risalire al periodo glaciale ed è.scientificamente la ipotesi più accettabile. Corrono fra i valligiani molte leggende intorno alle Marocche; vi è, per esempio, chi suppone che. la città di Saraca, ricordata da Tolomeo come esistente in queste regioni alpestri, abitata dai fieri Reclinili, e della quale non si trovò mai vestigio, fosse quivi e restasse sepolta nello inabissarsi della montagna. Ma sono ipotesi senza fondamento, alle quali non si può dare alcun peso.
Oltrepassata la triste e squallida regione delle, Marocche la strada si adagia in una più larga e comoda vallata. Ritorna il verde dei gelsi, dei prati e dei campiceli! nella parte bassa; dei quer-ciuoli, dei faggi sul pendio del monte. La regione si fa sempre più ridente tino alla borgata delle Sarche, ove la strada si biparte ed un ramo prosegue, rimontando sempre la valle, per Vezzario e Trento mentre l'altro, seguendo il rapido angolo fatto dal fiume, si addentra con questo nella strettissima gola, detta anche il Passo della morte, per la quale si accede alle Giudicane. 11 villaggio delle SVRGBE è abbastanza pittoresco, sebbene d'impronta rurale. Notevoli le case, con verande esterne, a due o tre piani, per l'esposizione al sole delle pannocchie di granturco sfogliate. Alle Sarche, sui fianchi meglio esposti dei poggi, comincia la coltivazione dei vigneti, che danno poi un vino notissimo e molto apprezzato in tutto il Trentino col nome di Vin santo di Toblino.
Abbandonato il Sarca nella gola d'accesso alle Giudicano e risalendo sempre la valle, la strada da Riva a Trento, a non molta distanza dalle Sarche, comincia a costeggiare il tranquillo e poetico lago di Tobuno. Questo lagheito, a 240 in. sul mare, col suo castello sopra un isolotto sorgente quasi nel mezzo e congiunto alla strada da una sottile lingua di terra, colla vallata verdeggiante che lo circonda e lo serra quasi ad anfiteatro, è uno dei punti, per bellezza naturale, più celebrati e conosciuti del Trentino,
Gli storici locali fanno antichissimo e di origine addirittura romana il castello di Toblino. Sembra anzi che l'isolotto sul quale.ora il castello sorge fosse una stazione lacustre abitata dalle primitive tribù umane che popolarono la regione nell'età della pietra anteriormente ai periodi storici. Più positive sono le notizie del castello di Toblino nel medioevo, ricordandosi che, nel secolo X, un Oderieo, avo di Turisendo ila Toblino, provocò un giudizio di Dio in confronto coi signori d'Arco ed ebbe risoluta la questione in suo favore. Col processo dei tempi il castello di Toblino passò ai signori di Campo e da questi, per eredità, ai Madruzzo, signori di un altro e ben più forte castello al di là
.....quella mina, che nel fianco
Di qua da Trento l'Adige percosse 0 per tremunto o per sostegno manco.
Che da cima del monte, onde si mosse, Al piano è si la roccia discoscesa, Ch'alcuna via darebbe a clu su fosse.
236 — Lu l'atri», voi. II.