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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincie di Ancona Ascoli Piceno Macerata Pesaro e Urbino
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1898, pagine 415

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   I'nrle Terza — Italia Centrale
   d'Oriente, il qtfale la lasciò governarsi colle proprie leggi, sotto la presidenza di un suo legato.
   Insorto lo scisma dell'antipapa Vittore IV, suscitato da Federico Barbarossa, irritato col pontefice Adriano IV perchè aveva decorato Guglielmo il Normanno del titolo di re di Sicilia, Ancona soffrì due terribili assedi dalle armi dello stesso Barbarossa. Il primo nel 1167 e cessò allora solo che l'imperatore, stanco, privo di vettovaglie, incalzato dall'odio di tutta Italia e mosso dal desiderio di farsi incoronare dall'antipapa Pasquale, convenne di lasciare in libertà gli Anconitani in corrispettivo di cospicue somme. In ricompensa del loro valore ebbero uno stendardo, assai ricco, dall'imperatore greco, alla cui potenza affidandosi, ricusarono di entrare nella Lega stabilitasi contro il Barbarossa tra le città italiane del Settentrione. Cristiano, arcivescovo di Magonza, luogotenente di Barbarossa, raccolto allora buon numero di imperiali toscani, umbri, romagnoli e tedeschi, dopo di aver indotti i Veneti ad assediare Ancona per mare, venne a stringerla dalla parte di terra. Il formidabile assedio durò dal 1° d'aprile alla metà di ottobre dell'anno 1171-, e non è a dire gli sforzi fatti dagli assalitori e le prove di valore e di eroismo dei cittadini assediati, ora con felici sortite e scaramucce, ora con successi parziali sulle galere dei Veneziani. La fame martoriava gli Anconitani che capivano doversi arrendere agii Imperiali, quand'ecco giungere improvvise, in loro aiuto, le genti di Guglielmo de' Marcheselli, d'Este e di Aldruda contessa di Bertinoro; per la qual cosa, attoniti gl'Imperiali ed immaginando maggior numero di soccorsi, levarono il campo lasciando l'inutile assedio. Gli Anconitani acquistarono quindi gloria e fama imperitura.
   Al L'I luglio 1177 fu conchiusa in Venezia la sospirata pace tra il papa e l'imperatore, le cui armate furono disfatte dal doge Ziani, il cui tiglio Ottone venne fatto prigioniero. In seguito a questa pace Ancona sì resse a libero reggimento, come città indipendente ed autonoma e poiché i Veneziani, per rivalità di commerci, ne predavano e catturavano spesso le navi, così \ncona si collegò con Pisa, contro Venezia che fu costretta ad implorare una tregua per dieci anni. A maggior protezione e difesa della costa Ancona comprò, nel Il!)2, la rocca di Fiumesino e si difese dal lato di terra dalle pretensioni dei legati pentitici che lift volevano compresa nella conquista della Marca, fatta in nome di Innocenzo 111. Gli Anconitani tennero anche fronte ai marchesi d'Kste e vennero a contesa con Aldobrandino, aiutato da quei di Osiino, e, sebbene sopraffatti in battaglia, pure ri ti l'aro usi in città, di cui non vollero mai aprire le porte.
   Nel 1223 Ancona ricevette in dono i castelli ili Sirolo, Varano e Falconara, che fecero poi sempre parte della Repubblica Anconitana. Tuttavia, ogni nuovo governatore o marchese pretendeva giurisdizione anche su Ancona, onde la troviamo, nel 123l>, collegata ad altre città della Marca, per la qual cosa fu scomunicata dal pontefice Gregorio IX ed in seguito congiunse le sue anni a quelle dei Guelfi, coi quali affrontò l'annata di Federico II. Si combattè presso Osiino ed i Guelfi ebbero la peggio e Manfredi, figlio di Federico, invase la Marca e già affrettavasi su di Ancona, quando giunse la novella dell'arrivo di Carlo d'Angiò, per invito di papa Innocenzo IV, venuto a torgli il regno; allora abbandonò l'impresa d'Ancona e fuggì a Benevento. Quivi lo inseguirono gli Anconitani ed unitisi alle milizie di Carlo d'Angiò parteciparono alla memoranda vittoria ed Ancona ebbe ili premio la facoltà d'aggiungere allo stemma il rast rello ed i gigli angioini.
   Per questioni di confini gli Anconitani mossero guerra ai Maceratesi, e vintili, li costrinsero a pagare buona somma di danaro; e nuove battaglie sostennero, per mare e per terra, contro i Veneziani, ai quali non volevano pagare certe gabelle imposte ai naviganti dell'Adriatico. Per terra i Veneti erano aiutati dalle città di Fermo e di Osimo e lunga sarebbe stata la guerra tra le quattro città, senza l'intervento dì papa Nicolò III, che le minacciò di scomunica ove non avessero deposte le anni.