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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincie di Ancona Ascoli Piceno Macerata Pesaro e Urbino
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1898, pagine 415
Ancona
il
Sotto Nicolò IV Ancona mandò uomini alla seconda Crociata. Nel 1298 ricevette da Bonifacio Vili il territorio di Nuniana, in gran pad» danneggiato da formidabile terremoto e poco appresso, a compenso della desolazione prodotta da ima fiera pestilenza, ebbe iJ castello di Galignano, fondato dalla contessa di Claregnan, rimasta vittima del morbo. Nel 1309, per questioni di contini, gli Anconitani dichiararono guerra a Jesi e andarono a porre il campo a Camerata. Ma quei di Jesi erano guidati e protetti da Federico di Montefeltro e gli Anconitani ebbero la peggio, e perderono il Carroccio e le bandiere, una delle quali fu donata agli Osiinani, alleati degli Jesini.
Di lì a breve tempo tornarono alle armi contro Jesi ed assoldarono Tommaso da Tolentino, con un corpo di cavalieri e, nel 1324, si unirono con Tano Baligani, jesino, che muoveva contro la sua città, ed occuparono Jesi, da cui trassero immenso bottino e ricevettero in soggezione le castella di Belvedere, Moiisanvito, Rocca di Fiumesino, Albarello ed Orgiolo, poi distrutta dal mare. Anche la terra di I'olverigi fu in appresso consegnata ad Ancona. Nel 1342 la città fu in preda ad ire e discordie intestine tra il popolo e la nobiltà. I popolani cacciarono ed in parte uccisero i nobili, che furono respinti di nuovo allorché tentarono di tornarvi con gli aiuti di Romagna e (li Lombardia. Non volendo poi sopportar l'onta arrecata dagli Osiinani alla loro bandiera, che ogni anno, il di della vittoria di Camerata, veniva trascinata per una delle più vili strade della città, gli Anconitani chiamarono il Malatesta di Rimìni e il 15 maggio 1347 assaltarono Osimo, l'occuparono e ai 19 agosto n'ebbero la rocca che distrussero, ed avrebbero abbattuta anche la città se non l'avessero impedito i governatori pontificii
Nel 134-S i Malatesta, profittando di una pestilenza e di altre calamità che avevano ìniuuita la forza di Ancona, la occuparono e per tenerla più facilmente in soggezione vi eressero il forte di Santa Caterina, suH'Astagno e quello di San Cataldo, sul Conero (1351-54), di che gelosi i papi e spaventati per le turbolenze che agitavano la Marca, vi mandarono il celebre Albornoz, che venne per la via di Ascoli, dopo di aver assoggettata Fermo ed entrò quindi nella Marca Anconitana; ivi, nel 1355, si accordò con Malatesta dei Malatesta acciò gli cedesse Ancona, promettendo che a Ini avrebbe lasciato, per dodici anni, come vicario generale della Chiesa, il dominio di Sinigaglia, Fano, Pesaro, Fossonibrone e Rimuii coi loro contadi. Gli Anconitani credettero dì ricuperare l'indipendenza e videro invece sventolare sulla rocca la bandiera della Chiesa. L'Albornoz spedì in città buon numero di fanti e di cavalli, il suo vicario e l'auditore, i quali, adunato il popolo nella chiesa maggiore, lo costrinsero a giurare, sui Vangeli, fedeltà al pontefice ed a consegnare le chiavi della città. L'Albornoz pose sua sede in Ancona e si fece costruire una magnifica residenza in San Cataldo; dichiarò la città capo degli Stati della Chiesa e vi chiamò il vice-tesoriere della Marca, il giudice generale soprai malefizi e vi istituì il Tribunale d'appello per tutto lo Stato civile e militare. Ma Ancona desiderava ricuperare la propria indipendenza ed autonomia, non contenta neppure che Gregorio XI, nel 1376, le avesse restituiti gli antichi privilegi, a patto che per mare e per terra avesse perseguitato i ribelli della Chiesa.
Non si stavano gli Anconitani dal cercare ogni mezzo, ogni via per liberarsi da ogni dipendenza ed invitarono segretamente il Malatesta ed elessero capitano delle armi Jacopo di Cecco degli Ottoni, ili Norcia, al quale fu ordinato, addì 7 ottobre 13S2, di cavar fossi dal lato di monte Cardeto. Giunsero anche in aiuto della città varii uomini sotto la condotta del capitano Sforza da Buscareto e tanto lavorarono attorno alla rocca che il castellano fu costretto a venire a patti e. ceduta la rocca, per mare si ridusse a salvamento in Civitanova. La rocca fu atterrata dai popolani e sì nobile ardire e sentimento riscossero le, congratulazioni dei Fiorentini. Ed ecco Ancona libera, non più costretta a sottoporre all'approvazione dei legati della Marca ì podestà che essa eleggeva. Furono creati tre magistrati con autorità di vita e di morte, perchè vigilassero al mantenimento della libertà. Urbano VI, per tutte queste cose, fulminò