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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincie di Ancona Ascoli Piceno Macerata Pesaro e Urbino
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1898, pagine 415
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I'nrle Terza — Italia Centrale
la scomunica contro Ancona, la quale, del resto, non ne fu sgomenta ed attese che Bonifacio IX ne la assolvesse ( 13B9).
E continuando la Repubblica in liete e prospere sorti, ridusse al dovere Malignano; nel 1390 strinse lega con le città della Marca, contro il venturiero Boldrino de' Panicali; fece costruire il castello di Camerata, mandando famiglie di cittadini a popolarlo. Audacemente respinse le frodi e gli assalti dei Malatesta, i quali, nella notte del 7 ottobre 1413, tentarono di occupare la porta di Capo di Monte, ove, per ischerno, ne collocarono l'arma capovolta. L'anno seguente i Malatesta s'impadronirono di varie castella della Repubblica e cinsero d'assedio la città stessa. Sventuratamente alcuni capitani di ventura, tra i quali Carlo Paganelli da Monte Alboddo, passarono dalla parte contraria, e fu quindi dipinto impiccato, col capo all'ingiù e cassato poi in grazia dei Veneziani. Gli Anconitani però vinsero ed, uniti ai Fermai» e Camerinesi, tolsero Sinigaglia ai Malatesta che però, nel 1417, dovettero restituire alla Chiesa. In riconoscenza degli aiuti prestati soccorsero quei di Fermo contro la tirannide di Gentile da Mogliano, ai 5 giugno del 112S.
Dal pontefice Eugenio IV ricuperarono, gli Anconitani, le castella di Monsanvito, Fiumesino e poi anche Chiaravalle, e vinsero non solo Carlo Malatesta, ma serbarono intera la libertà contro Francesco Sforza ed il legato pontifìcio Scarampi, che si erano proposti d'impadronirsi della città. Lo Sforza tentò anzi due volte di occuparla, per tradimento, guadagnandosene il podestà Pietro Grifi, senese, che in seguito fu appiccato, e nel secondo tentativo introducendovi esploratori che, riconosciuti, furono immantinente giustiziati. Lo Scarampi, volendo consegnare Ancona al re di Napoli in cambio dell'abbazia di Montecassino, alla quale aspirava, due volte l'assediò per terra e per mare; ina gli Anconitani tennero saldo e lo Scarampi fu dallo stesso Eugenio IVfatto desistere dall'impresa. In seguito a ciò il Senato anconitano deliberò di tenere un suo rappresentante presso la Corte pontificia ( 1410).
Sotto Pio li gli Anconitani favoreggiarono la Crociata bandita contro i Turchi ed accolsero nel porto le navi, iti città i Crociati e lo stesso pontefice che morì di pestilenza; di guisa che, anche per mancata fede di taluni principi, l'impresa andò a vuoto. Seguitata da Sisto IV, gli Anconitani molto si distinsero nella spedizione contro Maometto II ed il capitano Petrolii fu il secondo a piantar la bandiera sulle mura di Satalia. Durando le minaccio di invasioni per opera dei Turchi, Ancona si unì alle vicine città e d'accordo costruirono navi per la difesa delle coste, contro le scorrerie barbaresche.
La Chiesa non tralasciava intanto di vigilare perchè il Senato anconitano non allargasse i suoi confini ed accrescesse la sua autorità. Con la stessa Chiesa strinse bensì lega, nel 1481, contro i Turchi che furono disfatti e cacciati da Otranto. Poco dopo, avendo gli Anconitani scoperto che ini tal Giacomo Donatelli voleva tradire la sua città, lo accusarono pubblicamente; ma riuscita a vuoto l'accusa, venne esiliato contro il volere del papa e gli venne, forse proditoriamente, data la morte in Roma, ove era stato innalzato alla dignità di senatore. Sdegnato il papa, non concedè agli Anconitani Osimo, da loro occupato insieme alle milizie pontificie e furono costretti di bandire il cittadino Cinzio Benincasa, solo perchè parteggiava per l'Ungheria. Ancona non pie-gossi nò al duca Valentino, che proponevasi d'avere la città per crearsi in Italia l'ambito principato; ne a Giulio II, cui ricusò di accettare genti pontificie e solo cedendo alla violenza dì questo papa fece coniare monete che recavano, in alto, due piccole chiavi, simbolo della sovranità della Santa Sede.
Per ragioni di confini dell'abbazia di Chiaravalle sostenne Ancona una terza guerra con Jesi ed assoldò, in tale circostanza, il capitano Matteo Fortunio, di Zara, Federico di Urbino, oltre 2000 uomini dell'Ascolano e di Romagna. Ricuperò così varie castella e costrinse Jesi a pagare 7000 ducati a compenso dei danni.