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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincie di Arezzo - Grosseto - Siena
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1895, pagine 212

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Provincia ili Arezzo
   3
   dell'Imbuto, ove seguita una gola lunga e tortuosa per la valle dell'inferno, mentre il vallone della Chiana giunge sino al piano della Biffa di là dal colle di Chiusi.
   Questo secondo bacino è fiancheggiato, a est, dal monte Foresto, dall'Alpe di Catenaia, dai poggi della Chiassa fra vai Tiberina e il Valdarno antico di Bofìi; sopra Arezzo e, seguitando i poggi, arriva al monte Margana e all'Alta di Sant'Egidio sopra Cortona, mentre dal lato opposto forma il confine del secondo bacino la continuazione dell'Alpe di Santa Trinità che scende sopra Castiglion Fibocchi e Capolona, passa l'Arno al Mulino dell'Imbuto e segue i poggi orientali di vai d'Ambra sino a Civitella, donde, per la vetta dei poggi di Cornia, giunge a Palazzuolo che separa le acque della vai di Chiana, della vai d'Ambra e della valle del]'Ombrane senese, passa sulla crina dei poggi da Calcione sino al monte che divide il Comune di Asciano da «lucilo di Sinalunga finché arriva sul monte Follonico e Montepulciano donde scende, pel poggio di Totona, e per quello di Sant'Albino, ai bagni di Chìanciano per congiungersi alla montagna di Cotona.
   Valdarno Superiore. — Questo bacino, più lungo dei due precedenti, non è però il maggiore rispetto ai valloni e alle vallette ond'ò ricco, dacché il vallone più esteso è quello percorso dall'Ambra alla sinistra dell'Arno, mentre tutte le altre soli vallicelle solcate dai torrenti che vi scorrono.
   Valdarno Superiore pertanto comprende a sinistra i monti della vai d'Ambra, che rappiccatisi al secondo bacino passando per Civitella e Cornia e pel fianco settentrionale del monte di Palazzuolo. Di costà piegano a maestro per inoltrarsi presso San Giusmè nell'alto Chianti, passano quindi sulla crina di monte Feruli e di monte Luco onde percorrere quella dei monti detti del Chianti, finché si avviano sid monte Scalari col quale scendono a valle verso l'Incisa, trovando nel lato opposto i monti di Cascia e di Reggello, coi quali si accozzano quelli di Vallombrosa e di Pratomagno finché, giunti sull'alpe di Santa Trinità, scendono 111 valle a Laterina in provincia di Arezzo. I Romani chiamavano questa valle Campi etruschi, quasi a dinotarne la terra più fertile di tutta l'Etruria.
   Val di Chiana. — Della vai di Chiana già si è detto 111 addietro e non aggiungeremo qui che un breve cenno. La lunghezza di codesta valle, dai pendii meridionali delle alture del Casentino sino alla punta sud del lago di Chiusi, ragguagliasi ad 81 chilometri; la maggior larghezza fra t dintorni di Cortona e il poggio di Santa Cecilia, verso la valle dell'Ombrane senese, è di 45 chilometri L'Arno, scendendo dal Casentino, tocca la punta nord-ovest di codesta valle, dacché invece di proseguire il sno corso a sud, disdegnoso torce il muso — come dice Dante nel xiv del Purgatorio — ad Arezzo e corre, con una piega acuta, a nord-ovest.
   A ovest di Arezzo congiungesi all'Arno la Chiana (Clanis o Glanis, ricordata da parecchi antichi scrittori fra gli affluenti principali del Tevere e di cui, al dire di Tacito, sin dall'anno 15 di C. si disegnò volger le acque nell'Arno), la quale offre il fenomeno particolare di correre in due diverse direzioni, la Chiana Toscana all'Arno e la Chiana Romana nel Paglia e di là nel Tevere. 11 punto culminante, ossia il pernio divisorio delle due Chiane, che trovavasi, nel 1551, al cosidetto porto di Pilli, è ora nel vallone oltre Chiusi.
   Codesto fiume che, bipartito, corre ora in due diverse direzioni, anticamente avviatasi pigro iter intiero nello Stato pontificio a versarsi nel Paglia, partendo dalle vicinanze di Arezzo e precisamente dalla Chiusa detta ora dei Monaci. Le inondazioni e il ristagno delle acque della Chiana appestarono, come leggiamo nel xxix canto dell' In ferno di Dante, per lungo tempo quelle regioni non meno della Maremma e della Sardegna. Già dal secolo XIII si tentò porre riparo a sì grave sconcio, ìua ciò non venne fatto che nel 1823 dal conte Fossombroni, ministro di Ferdinando III, mediante le colmate, di cui già abbiali! trattato, le quali rialzarono in parte il terreno