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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincie di Massa e Carrara - Lucca - Pisa - Livorno
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1896, pagine 272
Circondario di Portoferrajo
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ai piccoli bastimenti; gli sta innanzi uno scoglio detto la Scuola, alto metri 34. Vi sorge la caserma per cento soldati incominciata da Napoleone ed ultimata dal granduca Leopoldo II, sotto il quale cainbiavasi ogni mese da Portoferrajo la piccola guarnigione. Due piccoli edifizi sanitari stanno allo due estremità meridionale 0 settentrionale dell'isola, Punta Brigantina e Punta del Marchese.
Ai contadini di Campo e Marciana, che seminavano annualmente nell'isola 300 staja di grano, servivano forse di magazzini una trentina di caverne scavate nella roccia calcarea dai primitivi abitanti.
Non lungi dal porto apronsi nella roccia una dozzina circa di cavità con nicchie nelle quali furono rinvenuto ossa umane, urne cinerarie e monete. La piccola punta settentrionale dell'isola è tenuta a pascolo. Com'è noto, il Governo italiano ha convertito la Pianosa in colonia penale agricola; in un ampio edifizio in mezzo all'isola soli custoditi circa 300 detenuti, la maggior parte dei quali dànno opera ai vari lavori agrari, con vasta officina per riparazioni agli utensili e alle avarìe dei piccoli legni che trafficano collisola d'Elba e col litorale toscano. L'agricoltura e la pastorizia sono ora in fiore.
Per istigazione di Livia, Augusto relegò nell'isola di Pianosa suo nipote Agrippa Postumo, figliuolo di Giulia e vuoisi lo visitasse di celato con Fabio Massimo poco prima della sua morte. Appena salito al trono, Tiberio lo fece uccidere. Il suo nome vive ancora, dopo tanti secoli, nell'isola e le rovine dei bagni antichi a nord e poco lungi dal porto portano ancora il nome di Bagno di Agrippa.
La storia, per oltre mill'anni, non parla più della Pianosa sino alle sanguinose guerre marittime di due repubbliche rivali Genova e Pisa. Nel 1174 una squadra genovese di sette galee salpò alla volta di quell'isola e distrusse le mura del borgo c del porto, ma fu tosto cacciata da una preponderante squadra pisana. I Genovesi — i cui annali dipingono quegli isolani quali feroci pirati — inviaronvi, nel maggio del 1283, Tommaso Spinola con ventntto galee, le quali distrussero le nuove torri, arsero le case e trassero a Genova 150 abitanti in catene. Ma anche questa volta i Pisani tornarono, dopo pochi mesi, in possesso dell'isola che però ripenlerono poi tosto dopo la grande sconfìtta della Meloria sui Genovesi e non la riebbero che nel secolo successivo, alla condizione che rimanesse disabitata. Non pare però che la condizione fosse irrevocabile: nel 1341 essa apparteneva alla famiglia De Leis che la affittava per una somma rilevante.
Nel 1390 Gherardo Appiano, prìncipe di Piombino, ebbe, con altre isole, anche Pianosa; ma nell'agosto del 1553 la squadra franco-turca, nella sua spedizione contro l'Elba, sbarcò anche qui, distrusse la torre edificata in difesa del porto e trasse in schiavitù tutti gli isolani che non poterono porsi in salvo con la fuga. Narra Deodato Spadari, allora pievano dell'isola, che il villaggio annoverava circa quarantacinque famiglie, ch'esso era cinto di mura ed aveva ili mezzo un bel castello, ma che l'acqua venne a mancare per la distruzione delle cisterne e ogni difesa ulteriore divenne impossibile. Da quel tempo la Pianosa si rimase disabitata finché, al principio del secolo nostro, fu incorporata al distretto di San Pier in Campo sull'Elba, i cui abitanti se ne servirono per pascolo e per seminarvi granaglie; e riebbe anche una torre sul porto che gli Inglesi fecero saltare in aria nel maggio del 1809.
Napoleone fu il secondo imperatore che visitò la Pianosa, la quale gli piacque sì fattamente ch'ei formò tosto il disegno di ripopolarla, ma non gli potè venir fatto.
Finalmente il 13 febbraio del 1835, fra il governo toscano e il consolo prussiano Carlo Stichling, residente in Livorno, fu contratta un'enfiteusi sull'intiera isola. Il canone annuale fu fissato in 1500 lire toscane con esenzione di ogni imposta per dieci armi; il concessionario doveva aggregarsi azionisti e si obbligò a trapiantare nei dieci anni venti famiglie almeno nell'isola e a ristabilirvi gli uliveti. Come tante altre per azioni
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