Emilia
li
politica papale nelle cose d'Italia: l'altra invece entra pienamente nell'orbita politica della quale, dal secolo X in poi, si va facendo centro sempre più importante e massimo nell'Italia settentrionale, Milano. Ma l'apparente e sotto vani rapporti anche sostanziale divisione politica delle due parti emiliane, trova un legarne intimo, comune, si direbbe quasi del sangue, in ciò ch'è stato il punto luminoso e da cui ha preso le mosse d movimento del rinascimento intellettuale, in Italia e fuori, dalla tenebrosa barbarie medioevale: ed è il Diritto Romano, che quivi non è mai morto; che quivi fu sempre conservato negli usi e nelle applicazioni — compatibilmente ai tempi possibili — e, come in sacro deposito, studiato, conservato, illustrato, sostenuto, contro il moltiplicarsi delle leggi barbariche e gotiche, delle soperchierie bisantine, contro l'affastellarsi degli editti e delle leggi longobardiche e dei japitol&R franchi, dei placiti imperiali e regi, delle usurpazioni feudali, delle prepotenze teutoniche e delle ambizioni papali. A Ravenna prima, a Bologna poscia, a cui fanno corona tutte le altre città emiliane, liere dell'antica loro affinità con Roma, il diritto romano fu mantenuto, osservato, difeso e proclamato, colla venerazione, l'entusiasmo, l'affetto che si ha pei grandi e pei santi ideali. E se si pensa che il diritto romano forma ancor oggi la base del diritto moderno, non si può a meno di sentire la più alta ammirazione per le popolazioni emiliane, che negli errori legislativi di cui fu prodigo pell'umanità il medioevo, ne conservarono intatta, viva e pura la tradizione, la difesero unguilus et rostrìs per secoli e secoli contro ogni sorta di attentati, facendone poi nello Studio di Bologna il faro primo che illuminò la marcia risorgente dell'Umanità verso pili miti ed equi ed umani ideali di patria, di libertà e di diritto.
Il periodo comunale trova l'Emilia pienamente immedesimata nella legge storica nazionale, che regola le rivoluzioni e controrivoluzioni di quei tre secoli grandissimi e generalmente sì mal studiati e sì poco compresi della nostra vita nazionale; in questo periodo, come del resto è per la maggior parte dell'Italia superiore ed anche della Toscana, la storia di ogni città, di ogni Comune, nelle singole regioni, si specializza, si localizza, si frammenta in tanti episodii caratteristici concorrenti tutti, in parti più o meno salienti, alla formazione del meraviglioso quadro storico che ci è dato in quel periodo dall'Italia superiore e inedia.
Nell'Emilia, come in Lombardia, nel Veneto ed altrove, sul declinare dell'epopea comunale e come risultante delle successive guerre intestine si affermano le signorie; lottanti dapprima contro l'assorbimento o tentativo di centralizzazione monarchica fatto dai Visconti di Milano: ripullulanti, quando alla morte di Gian Galeazzo, che non aveva trovato nè tempo maturo, nò leggi storiche e tradizioni locali troppo propizie per l'esecuzione del suo piano ambizioso — già riescito od in via di riuscire presso altri popoli d'oltre alpe, che trovavano utile e progressivo uscire dalle obbrobriose e durissime servitù feudali per entrare nelle grandi compagini delle monarchie unitarie — la potenza viscontea si avviò a rapida rovina. Queste signorie durarono più o meno prosperosamente dallo scorcio del secolo XIV, per tutto il XV e sul principio del XVI, quelle di Romagna in particola!- modo subirono un fiorissimo colpo per la politica subdola e, diciamolo pure, anche scellerata di Cesare Borgia, detto il Valentino, che sorpassando le intenzioni del padre (Alessandro VI) ed incurante delle future rivendicazioni della Curia romana, coi tradimenti, le armi, i veleni, gli assassinii distrusse, annientò quasi tutti 1 principotti di Romagna e meditava di fare altrettanto cogli altri signori italiani, per restare solo e definitivo signore di un vasto regno e fondarvi la propria dinastia. La inopinata morte di Alessandro VI, precipitando d'un tratto la fortuna dei Borgia e troncando le speranze di Nicolò Macchia velli — che pur di non vedere l'Italia sminuzzata fra ridicoli ed impotenti signori, ed in procinto di diventar preda dello straniero (come un quarto di secolo appresso avvenne) sembra incoraggiasse del suo consiglio la politica del Valentino — venne d'un tratto opportunamente