Emilia
li
gloria in cento grandi battaglie; che avevano dati molti fra i generali e gli ufficiali più eletti dell'esercito italico; che in quel periodo avevano visto un singolare rigoglio di uomini chiari in ogni scibile: legislatori, giuristi, statisti, scienziati, additati all'ammirazione del mondo civile ; a queste popolazioni, diciamo, cuoceva di essere tenute duramente in soggezione, in uno stato di umiliante minorità da principotti stranieri, da legati ignoranti o fanaticamente reazionari, alla mercè delle fraterie, dei gesuiti, della polizia e di una sbirraglia feroce e provocatrice. Onde fra queste popolazioni, ove la gentilezza del carattere, la mitezza degli animi pare seconda natura, ebbero presa più che non altrove i violenti propositi : una fitta rete di congiure si stese in tuttala regione; la Romagna diventò il centro più attivo dell'organizzazione carbonara e i primi patiboli saliti dai martiri dell'Idea italiana furono quelli eretti dal feroce Francesco IV, duca (li Modena, nel 1821; il primo sangue di ribelli che abbia tinto il suolo sacro della patria fu quello dato dalle feroci repressioni di Romagna: e in quello stesso periodo le galere dell'Estense e delle Legazioni rigurgitavano (li inquisiti politici, tanto che per far posto a questi si amnistiavano, si lasciavano liberi, immuni, gli assassini, i ladri, i delinquenti volgari. Dopo l'abortita congiura militare del 1814-15 furono questi moti di Romagna e dell'Emilia i primi conati del sentimento nazionale, cui fece riscontro il glorioso movimento piemontese — o meglio di Torino e d'Alessandria — capitanato da Santorre Santarosa, Giacinto di Collegno ed altri animosi.
Nell'atonia generale in cui sembrava fosse immersa l'Italia nel 1831, per opera dei suoi governi o polizieschi e tirannici od addormentatori, un nuovo grido di rivolta è gettato dall'Emilia, quasi a far riscontro alla rivoluzione costituzionale parigina del luglio 1880, che atterrava la monarchia legittimista per sostituirvi quella borghese di Luigi Filippo. Nel febbraio e nel marzo 1831 Modena e Bologna sono in rivolta e il moto si propaga ardito e minaccioso — fidente nelle lusinghe e nelle promesse non mantenute di Luigi Filippo — in Romagna e giù tino alla Marca d'Ancona. Fuggono i duchi ed i cardinali trascinandosi seco i prigionieri più pericolosi, già predestinati al capestro.
I governi provvisori proclamarono decaduti gli odiosi duchi e la signoria sacerdotale, instaurato il regime della libertà. A garanzia del nuovo stato di cose si proclamò il fallace principio del non intervento, il trastullo di moda in quel momento della diplomazia europea. Le potenze, meno l'Austria, accettano il principio, e mentre la Francia, sulla quale i rivoluzionari emiliani del 1831 facevano il massimo assegnamento, si mostra stranamente ligia a questo principio, l'Austria, violandolo, riconduce sul trono duchi e duchesse e presta man forte alla Corte romana ed ai suoi legati nel reprimere il movimento romagnolo e nello sbaragliare le male organizzate truppe rivoluzionarie condotte dal vecchio generale Zucchi, avanzo delle battaglie napoleoniche. Così ad aprile ed a maggio tutto era finito, e nuovi patiboli ergevansi pei martiri dell'Idea nazionale a Modena; le vie di Bologna e delle città romagnole furono (li nuovo imbrattate del sangue dei cittadini presi, fucilati dalle soldatesche austriache e papaline; le galere rigurgitarono di nuovi inquisiti e centinaia e centinaia di cittadini fra i migliori sono costretti a battere la strada dell'esilio lasciando le famiglie immerse nel lutto e abbandonando occupazioni, interessi ed agi. Ma il moto emiliano del 1831, sfortunato per sè stesso, ebbe per effetto morale grandissima ripercussione in quanti in Italia desideravano la patria libera. A Genova particolarmente ne fu scossa la fibra sensibilissima di Giuseppe Mazzini, che di quei fatti lasciò nelle sue memorie una forte impronta e da essi iniziò il suo ardente apostolato, durato poi inconcusso nel principio e fecondo nell'azione per quarant'anni. E da allora in poi non vi ha occasione che trovi l'Emilia e la Romagna — se ora si vuol fare una qualche distinzione fra le due parti d'una medesima regione — restìe o dormienti nell'assecondare il movimento nazionale.