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l'arte* Terza — Italia Centrale
merito della trovata — le popolazioni formarono quelle compagnie di processionanti che, vestiti di sacco ed a piedi nudi, colla croce alla testa e staffilandosi a vicenda, andavano di borgata in borgata, di città in città gridando: Penitenza,prtee, o fratelli! Tali processioni diedero origine alle compagnie o confraternite dei l'attuti, durate fino ai giorni nostri.
Ma cessati i flagelli che avevano motivate le processioni, ad onta dei fervorosi voti fatti, ricominciarono ben tosto le ire partigiane. Le lotte sanguinose che tra Guelfi e Ghibellini avvenivano in Bologna avevano tosto immediata ripercussione in Imola, ove molte volte trovavano rifugio i profughi e banditi della fazione in Bologna soccombente. Questi, favoriti dai loro amici e partigiani d'Imola, mal compensavano la ospitalità quivi trovata entrando nelle brighe cittadine ed eccitando le fazioni l'una contro l'altra. Goll'alternarsi della fortuna tra Guelfi e Ghibellini, queste lotte, salvo fugaci periodi di pace, durarono per tutto lo scorcio del secolo XIII. Papa Nicolò III, per estinguere le cause di discordie clic troppo insanguinavano le città, pensò di istituire un governatore generale col titolo di conte della Romagna (1278), avente ufficio di supremo moderatore dello Stato e col mandato di togliere inesorabilmente ogni causa di turbolenza nella città, di sopire le passioni eccitate, di mettere la pace negli animi.
Ma il provvedimento, buono in linea di massima, fu male applicato; la carica, per mutare di eventi e di pontefici, fu affidata ad uomini che 11011 potendo o non volendo
0 non sapendo estollersi dalle passioni, dalle ire, dai sentimenti, dell'ambiente, non fecero che aggravarne la situazione, eccitando maggiori discordie, intervenendo a litigare ove già altri litigavano, parteggiando per chi aveva maggior forza o credito per sostenerli presso la Corte pontificia, o più danaro per soddisfare alle loro cupidigie. Così le popolazioni, che da simile stato di cose traevano il niaggioi danno, si trovavano ad avere sulle spalle, senza vantaggio alcuno e con aggravio fortissimo, un nuovo quanto inutile, pesante e costosissimo padrone.
Nè il secolo XIV si annunziava migliore del XIII. Alle ire delle fazioni si aggiunsero le cupidigie di coloro che aspiravano alla signoria. Azzo, marchese d'Este e signore di Ferrara, ambendo d'impadronirsi di Bologna, convocò nel 1296, tutti i capi facinorosi e banditi della Romagna. Intervengono alla riunione Maghinardo Pagano da Lusinana, che già aveva tentato di farsi signore (lolla città, ed il capo partito toscano Uguccione della Faggiuola. Prima di tentare la spedizione su Bologna si decide di fare la prova su Imola ed infatti i collegati, salvo a ripartirsi il bottino ad impresa finita, muovono per assaltare Imola. Nel pericolo comune della libertà, Bologna manda soccorsi agli Imolesi:
1 due eserciti si scontrano e s'azzuffano sulle rive del Snnterno, e la battaglia finisce colla disfatta degli Imolesi e Bolognesi, che lasciarono 4000 uomini sul campo tra morti, feriti e prigionieri. Uguccione della Faggiuola entra trionfante in Innda e se ne fa signore col titolo di capitano di guerra e per un annone tiene il governo, toltogli poi nel 1298 dai Sassatello e loro aderenti rifugiatisi nel castello di Gaggio, ove abilmente avevano preparala la riscossa riunendo i fuorusciti e prendendo accordi con quanti nella città erano scontenti del governo di Uguccione. La pace, fu conclusa nel 1299, essendo intermediario fra Azzo d'Este ed i Bolognesi il pontefice Bonifacio Vili.
Altro tentativo fu dal marchese Azzo d'Este macchinato ai danni delle libertà comunali dì Bologna e d'Imola, stringendo segreta alleanza con Carlo di Yalois, fratello del re di Francia, un altro avventuriero francese calato in Italia colla speranza di crearsi — fra le nostre dissensioni — uno Stato, siccome era avvenuto qualche anno prima al suo prozio Carlo d'Angiò nel reame di Napoli. Ma a costui la ciambella non riesci, come allo zio, col buco. Imola, Bologna e Faenza, minacciate da uno stesso pericolo, si stringono in alleanza ed affidano il supremo comando delle armi a Lodovico conte di Cunio. Questi, udito dell'avanzarsi dell'esercito francese vegnente dalla Toscana perle, gole dell'Apennino, muove sollecito a contrastargli il passo ed, affrontatolo in