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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincia di Bologna
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1900, pagine 272

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Imola
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   posizione favorevole, lo ingaggia a battaglia e ne fa un vero macello (21 sett. 1301). Al luogo, già memorabile per altra rotta toccata ai Galli nel periodo della conquista romana, rimase il nome di' Macelvero. Contemporaneamente un altro esercito allestito dai Bolognesi sbaragliava le truppe del marchese d'Esto sulle sponde del Sillaro.
   Durando peraltro le lotte intestine di Bologna, d cardinal-legato Orsini, mandato dal pontefice Clemente V, che aveva trasferita la sede del Papato in Avignone, fu costretto ad uscire da quella città, dopo averla fulminata d'interdetti e scomuniche, ed a ricoverarsi in Imola, ove continuava i suoi anatemi contro la ribelle città, ragunando armi per ridurla ad obbedienza. I Bolognesi non aspettarono a prendere le armi che il cardinal-legato avesse compiuti tutti i suoi preparativi, ma rapidamente mossero su Imola e l'investirono, ponendovi regolare assedio. Solo roll'ainto dei Forlivesi, dei Faentini e di quei di Bertinoro, sollecitati dal cardinale legato, Imola potè essere liberata dall'assedio, sostenuto per tempo non breve e con molta fermezza.
   Nel 1314,Francesco Manfredi, signore di Faenza, cogliendo pretesto (lei malcontento serpeggiante in Imola, per causa di tributi e concussioni, se ne fece signore col titolo di capitano; ma poi per compenso, nel 1315, la cedette a Roberto re di Napoli, che agiva per il papa lontano, alla testa del partito guelfo in Italia, e che ne fece un vicariato, affidandone il governo ad alcuni suoi ufficiali, che finirono per stancare e scontentare la popolazione anche di quella novità. Il castello di Tediano, per opera di fuorusciti imolesi, ribellatisi nel 1317, fu dal vicario Menalduccio da Nocera assaltato e distrutto.
   Altri rivolgimenti ed un succedersi di parecchie effimere signorie, finirono per dare nelle mani di Lippo degli Alidosi, esperto cittadino, abile maneggiatore politico ed audace condottiero di truppe, il governo della città. I/Alidosi prese per sè ed i suoi discendenti il titolo di vicario pontificio, facendosene regolarmente investire dal pontefice Benedetto XII, con obbligo di pagare alla Corte pontificia nn annuo tributo. Gli successe il figlio Roberto, ch'I specialmente encomiato dagli storiografi locali pelle provvidenze prese onde combattere in quanto era possibile la pestilenza del 1349, facente terribile strage di vite in tutta Italia, e per la difesa fatta d'Imola nel 1351 contro Bernabò Visconti signore di Milano, che, dopo più mesi d'assedio, fu costretto a ritirarsi, sebbene, oltre le compagnie di ventura assoldate e già facenti parte dei mali usi d'Italia fin dal 1339, fosse aiutato dai Manfredi di Faenza, dai Polenta di Ravenna e dagli Ordelaffi di Forlì. Lo stesso Roberto condusse, per conto del cardinal-legato (l'Albornoz, l'assedio di Cesena (1358), impiegando in esso la recentissima invenzione tedesca delle artiglierie, col titolo di bombarde. Si ha un documento del tempo, dal quale appare che tali bombarde vennero fuse e lavorate nel non lontano Sant'Arcangelo di Romagna.
   A Roberto degli Alidosi, morto nel 1363, succedettero, non senza contrasti, nella vicaria d'Imola i suoi tìgli Azzo e Beltrando. Azzo morì presto; Bertrando tenne il governo della città a lungo ed ebbe il vanto di difenderla fermamente, nel 1376, contro le bande del capitano di ventura Giovanni Ilavvkwood, detto in Italia più spicciamente VAcuto. Costui, dopo aver perpetrato indicibili stragi a Faenza ed a Cesena per ordine del cardinal-legato Roberto di Ginevra, si accingeva a fare altrettanto d'Imola, ma la ferma, risoluta resistenza dell'Alidosi e dei cittadini lo persuase a desistere dall'impresa ed a condurre a più facili cimenti le sue bande. Beltrando degli Alidosi. morto nel 1391, lasciò un figlio minorenne sotto la tutela della madre. I Bolognesi, profittando del momento che credettero propizio, violando le convenzioni, invasero il territorio imolese e vi campeggiarono alquanto tentando d'impadronirsi della città; ma per sentenza d'un arbitraggio, domandato dagli Imolesi e formato dal Comune di Firenze e dal marchese d'Este, dovettero poco stante rientrare nei loro confini. Sul principio del secolo XV anche la fortuna degli Alidosi, specialmente per fatto di donne intrigatesi nel governo, cominciò a tramontare. Nell'anno 1424, Icop-