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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincie di Modena e Reggio nell'Emilia
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1902, pagine 328

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   151-2
   Parte Terza — Italia Centrale
   fiume, su uno dei pinti di più frequente passaggio; andò distrutta dalle invasioni barbariche, forse, ma più sicuramente dalle inondazioni del fiume, nei bassi tempi non più contenuto da alcune opere di arginatura e riparo, e fors'anco da quella terribile del 589, che tanta parte ili questa regione devastò e della quale è rimasta memoria nelle cronache del tempo. Distrutta l'antica Nucerìa una delle stazioni sugh itinerari tra la Gallia Togata o Transpadana e la Gallia Cisalpina, rimase alla località ti nome ereditato, imbastardendosi, dai casolari che sorsero di poi intorno alla piccola chiesa di San Giorgio, poiché a noi pare poco accettabile la versione emessa dal Padre Ireneo Affò nella sua Storia di Guastalla, che Luzzara traesse il suo nome dall'abbondante pesca dei lucci che quivi si faceva. Non va scordato pero che il Comune di Luzzara inalberò nel suo stemma uno di questi pesci, tanto argentei quanto voraci.
   Le prime notizie che si hanno di Luzzara risalgono ad un diploma del 781 di Carlo Magno, nel quale risolve a favore di Apollinare, vescovo di Reggio, una controversia insorta, a proposito del dominio di questi luoghi, colla badia di Nonantola. Il diploma carolingio assegna alla diocesi di Reggio l'oratorio di San Giorgio (allora già esistente), colle pesche nel Po e nelle paludi ed i boschi allora detti di Iioncataldo e ili Bacchiolino, ora non piti esistenti e che fecero parte del ricco benefizio parrocchiale di Luzzara. Allora Luzzara aveva titolo o grado di Corte, quindi era già luogo di certa importanza. Ritornata in potestà imperiale fu, nell'828, ricomprata dall'imperatore Lodovico Pio. Più tardi l'imperatore Lotario ne spogliò la Curia di Reggio per darla in feudo ad un suo vassallo, detto Rimondo; ma ritornò presto alla dipendenza del vescovo di Reggio, per essere richiamata, con diploma dell'810, in soggezione diretta dell'Impero, essendo stata data in dote, da Lotario, ad Angelberga, moglie di suo figlio Lodovico II, insieme a molte altre Corti di questa regione. Il vescovo di Modena, Gualberto, insieme ad un procuratore di Angelberga, prese possesso ìli nome dell'imperatrice della corte ili Luzzara, la quale allora, giusta l'affermazione del Muratori, non era se 11011 un aggregato dì poderi con case rurali intorno ad una sol casa signorile (domus), senza rocca 0 castello, con una chiesa (S. Giorgio), governata da 1111 solo sacerdote per l'amministrazione dei sacramenti. La popolazione era formata di servi e serve, aldi e aldine, gente pressoché schiava ed obbligata per il solo suo mantenimento a lavorare sempre ad esclusivo vantaggio del padrone.
   Luzzara divenne poi feudo del monastero di San Sisto in Piacenza, fondato dalla medesima imperatrice Angelberga e dotato di tutte le corti ch'essa possedeva —per dote — lungo il Po, tra Piacenza, Parma e Modena. Fra gli altri diritti riconosciuti alla badessa di San Sisto Sfavi quello del Tolonèù, 0 dazio sulle merci ed i viandanti che sul territorio di Luzzara passavano il Po: diritto assai proficuo, essendo quello uno dei passi più frequentati sul gran fiume. Nella metà del secolo X il vescovo di Reggio, Aribaldo, influendo sul re d'Italia Ugo di Provenza e Lotario suo figlio, rivendicò 111 pubblico giudizio, alla Curia reggiana, il dominio di Luzzara, che fu tolto quindi al monastero di San Sisto in Piacenza ; ma Berengario II, usurpato il regno di Lotario, nipote di Berta, che era badessa di quel monastero, spogliò di nuovo la diocesi di Reggio di quel dominio per rimetterlo in potestà del monastero di San Sisto. Ottone I, imperatore e re d'Italia, per punire le monache di San Sisto d'aver parteggiato per Adalberto, tìglio e socio di Berengario lì nel regno, le spogliò di molti beni, tra cui la corte di Luzzara, che ridiede al vescovo di Reggio, suo ardente fautore.
   Nella prima metà del secolo XI Luzzara fu, dal vescovo di Reggio, data in enfiteusi a Bonifacio, marchese di Toscana e signore di Canossa e di Mantova, col quale essa passò poi a far parte dei dominii e del patrimonio della contessa Matilde, la quale reintegrò il monastero di San Sisto di una parte dei possedimenti avuti in questa regione, investendolo di Cortenova presso Luzzara, colla condizione che non potesse venderla né darla a livello. Ma i disordini che, per opera della badessa Febronia, si