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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincia di Napoli
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1896, pagine 450

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   37-2
   Parte Quarta — Italia Meridionale
   t'industria principale è la marina di trasporto, ed alcuni dei principali armatori dell'Italia Meridionale sono Procidaiti.
   L'aria ili Procida è saluberrima e sani e robusti ne sono perciò gli abitanti, le cui donne hanno lineamenti espressivi, carnagione brunastra, fattezze ed abito greco: anticamente, in certi giorni festivi, segnatamente il 29 settembre, festa di San Michele, costumavano danzar la tarantella al suono dei timballi.
   Procida (14,247 ab.). — I/unica città dell'isola è l'odierno castello di Procida, o semplicemente Procida che dir si voglia, capoluogo del mandamento e del Connine, situato sulla costa nord-est, con un bel porto ed uu commercio marittimo attivissimo. Le case, imbiancate e con tetto piatto, sono disposte in bell'ordine sulle basse colline e scendono in anfiteatro alla spiaggia. La città è forte per natura e per arte e contiene la maggior parte della popolazione dell'isola. Contatisi fra gli edilizi otto chiese, fra cui la parrocchiale, notevole per architettura ed opere d'arte. 11 porto è difeso da un forte. Hanuovi Tarli istituti di beneficenza ; l'ospedale Albano; un Conservatorio per le orfane, fondato nel 1562; un Monte pei poveri, che distribuisce elemosine e doti, ed un Monte di pietà per soccorrere i poveri.
   Per andare al castello di Procida si seguita, all'estremità ovest del quai o bau-china, a sinistra, presso il caffè del Commercio, la strada principale, sino alla prima strada a sinistra. Quest'ultima mette capo ad una piazzetta, detta dei Martiri, ove una lapide serba la memoria dei dodici Procidani giustiziati nella reazione del 17b9. Sella veduta indietro e cinque minuti più lungi il castello, ora Correzionale. È costruito sopra roccie a picco e vi si gode di un bel panorama, tanto su Procida e sull'Epomeo quanto sul capo Miseno, Capri, il Vesuvio e la penisola di Sorrento.
   Nella piazza principale di Procida sorge un bel palazzo Reale, abitato non di rado dai re Borbonici, i quali possedevano nell'isola uu parco per la caccia ili cui abbondavano i fagiani. La suddetta strada principale attraversa la città da est a ovest e piega a sinistra col nome di Vittorio Emanuele, fra i muti dei vigneti e le case per prose-giure a traverso l'intiera isola, in direzione di sud-ovest. Iu poco più di mezz'ora si arriva da Procida alla suddetta baia di Chiaiolella, sotto l'antico castello di Santa Margherita, presso l'isoletta di Vivara.
   Uu canale, largo un cento metri e di sì poco fondo che vi transitano appena le barche peschereccie, separa Procida da Vivara, che ha appena 3 chilometri di perimetro e la forma di un cratere aperto in cui possono entrare e gittar l'ancora i legni da guerra. La sua altezza è maggiore di quella della vicina Procida, raggiungendo i 109 metri, e le coste ne sono assai dirupate. Quest' isoletta era coltivata in addietro ma fu convertita, nel secolo scorso, in un parco da caccia con caprioli e conigli. 1 primi sono scomparsi ma ì secondi sonosi moltiplicati e formano, con gli ulivi e gli arbusti da ardere, l'unico prodotto di Vivara, la quale non è accessibile che dalla punta di Santa Margherita nel canale.
   Cenni istorici. — Secondo Dionigi di Alicarnasso fu detta Proclujta (Procida) da una congiunta di Enea a cui egli eresse un sepolcro in quest'isola. Gli antichi geografi avevano già osservato che essa era di formazione vulcanica al paro della vicina Ischia e scossa frequentemente dai terremoti, tanto che Plinio e Stratone la riguardano come un frammento divelto da Ischia nelle convulsioni violente della natura. Lo stesso fenomeno trasse i poeti ad associare Procida con Ischia in connessione con la favola del gigante Tifeo sepolto sotto; e Silio Italico le assegnò persino uu gigante particolare suo proprio, Mimoiite (Sil. Ital., vii, 542, ecc.).
   Onde ne trema Procida ed Ischia, e '1 gran Tit'eo se n'ange Cui sì duro covile ha Giove imposto.
   Ville., Eneide, IX.