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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincie di Aquila - Chieti - Teramo - Campobasso
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1899, pagine 379

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Parte Quarta — Italia Meridionale
   I Campani e gli Etruschi introdussero probabilmente negli Abruzzi l'arte della ceramica. Del rimanente Tea le dei Marrucini, Pinna dei Vestirli, Intcramna dei Pre-tuzn, Corfìnium, Stilino e Superaeguuìii dei l'eligrù, Marruvium e A Ih a Fucentia dei Marsi andarono debitrici della loro maggior civiltà alle colonie romane.
   Per più secoli Roma durò fatica a debellare e sottomettere tribù tanto fiere, le quali, alleatesi ai Sanniti, tennero a lungo il fermo; finche, nel 308 av. C., piegarono il collo al giogo romano. 11 valore degli Abruzzesi contribuì grandemente alle conquiste di Roma, la quale non ebbe soldati migliori, ma non trovò agevole l'impresa di trasformare politicamente e rendere docile l'Abruzzo.
   In quelle aspre montagne scoppiò, nel 90 av. C., la memorabile Guerra Sociale (Belìum Marsicum o Socialc), quando le nazioni confederate, insorgendo, elessero per capitale Corfìnium (le cui rovine troviamo a Pentima nella provincia d'Aquila, circondario di Solmona), di cui fecero la capitale permanente d'Italia e la rivale di Roma, cambiandone il nome in Italica ed ornandola d'un fòro spazioso, d'nn palazzo pel Senato e di altri pubblici edilìzi corrispondenti alla sua sperata grandezza, come leggesi in Strabone, in Vcllejo Patercolo, in Diodoro, ecc. Ne può far fede la ricca suppellettile archeologica, tratta dalle sue rovine e raccolta in un Museo locale, dopo gli scavi sistematici diretti dal prof. A. De Nino, dei quali parleremo più diffusamente a suo luogo.
   Dal 90 all'88 av. C. il toro abruzzese lottò accanitamente con la lupa romana, e, se fosse rimasto vincitore, ben diversa sarebbe riuscita l'istoria del mondo! Ma vinsero Mario e Siila ed ai popoli sottomessi Roma concesse da ultimo la cittadinanza. L'Abruzzo devastato non si riebbe sì tosto, ripiombò anzi in nuovi guai durante le guerre civili onde emerse la grande monarchia d'Augusto. Il quale restituì la pace, se non il benessere, agli Abruzzesi, inviando nuove colonie nei loro agri desolati. Tutte le contrade abruzzesi furono quindi da lui comprese nella quarta Regione d'Italia.
   Quind'innanzi Roma trasse nel proprio seno, più che non avesse fatto in addietro, le intelligenze più elette dell'Abruzzo, di cui parecchi figli segnalaronsi nella polìtica e nelle lettere : Caro Sallustio Crispo, nato dopo finita la Guerra Sociale in Ainiterno, alle falde del Gran Sasso d'Italia, salito in Roma all'alto onore del proconsolato di Numi dia, divenne immortale per due opere monumentali: la sua villa sul l'indo e le sue storie della Congiura di Catilina e della Guerra Giugurtina, oltre i frammenti storici. I residui della villa scomparvero, non ha molto, per dar luogo ad un nuovo quartiere urbano, ma le storie sopravvivono immortali per nervosità e concisione di stile.
   Un altro celebre abruzzese, il poeta degli Amori e poi della Tristezza e delle Metamorfosi, Publio Ovidio Nasone, nacque in Solmona e morì in esilio a Tomi oggi Constanjie, nella Dobrogia, sulle spiaggie del mar Nero. Ninno ebbe più di Ovidio potente l'istinto e il genio della poesia, come attesta quel suo verso: Et quod tentabam scribere versus erat; e, con Orazio e Virgilio, Ovidio forma la triade poetica latina; come Dante, Petrarca e Roccaccio la triade italiana.
   ' Sotto Costantino il Grande, l'Italia dividevasi in diciotto Provincie, delle quali il Piceno, la Valeria e porzione del Sannio compone va usi delle contrade abruzzesi.
   Nella caduta dell'Impero romano anche l'Abruzzo fu invaso dai barbari, i Goti, il cui re Seodorico ne diede il governo ai suoi conti. La lunga ed ornila guerra che l'imperatore Giustiniano appiccò poi contro i successori di Teodorico, trasse con se la rovina compiuta dell'antico mondo latino in Italia, epperciò anche la desolazione dei municipi abruzzesi.
   Ai Goti sottentrarono tostamente i Longobardi, popolo rozzo e poi via via incivilito, i quali, non appena ebbero fondato il loro regno a Pavia, inoltraronsi alla conquista dell'Italia centrale e meridionale, della quale infatti si impadronirono, tranne che non venne lor fatto di occupare uè Roma, uè l'Esarcato di Ravenna, uè le altre