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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincie di Reggio Calabria - Catanzaro - Cosenza
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1900, pagine 258

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   l'arie Quarta — Italia Meridionale
   principato a Isabella IT d'Aragona, vedova di Ginn Galeazzo Sforza. I Francesi e gli Spagnuoli, quando fecero la conquista del reame di Napoli, e lo tolsero a Federico di Aragona, rispettarono gli Stati d'Isabella che pose, nel 1501, la sua dimora a Bari e vi esercitò tutti i diritti sovrani. Dal suo maritaggio con Giovanni Galeazzo ella aveva avuto due figliuoli: Francesco, che morì in fresca etti, e Bona Sforza, che fu allevata presso di lei a Bari. Nel 1518 Carlo V maritò Bona a Sigismondo re di Polonia, vedovo e senza figli maschi.
   Morta nel 1524 Isabella a Napoli, ove si vede il suo sepolcro nella chiesa di San Domenico Maggiore, la successione di Bari e di Possano fu contrastata fra la regina Bona e il figlio di Lodovico il Moro, che rivendicava il ducato di Bari e il principato di Possano in virtù della cessione fattagli dal padre. Carlo V compose la vertenza in favore di Bona, ma imponendole di ricevere una guarnigione spaglinola nel castello di Bari. La prosciolse però più tardi da questa condizione, e durante la sua vita, (piando le rinnovò 1 investitura dei suoi Stati italiani dopo aver investito dello Stato di Milano lo Sforza, che gli aveva ceduto in cambio tutti i suoi diritti su Bari e Possano. II ducato e il principato furono governati allora in nome del re e della regina di Polonia.
   Morto Sigismondo nel 1548, Sigismondo Augusto, suo successore, non tardò a guastarsi con la madre, la quale si ritirò a Bari, ove compì il viver suo, amministrando con grande saviezza i suoi piccoli Stati personali. Morì nel 1557 e fu seppellita, come già abbiam visto, nella chiesa di San Nicola di Pari, ove sua figlia, la regina Anna, moglie di Stefano Pathori, le fece innalzare, nel 1593, un sontuoso mausoleo.
   Per testamento anteriore alla sua ritirata in Italia, la regina Bona aveva legato Pari e Possano al figliuolo Sigismondo Augusto. Ma, dopo la sua morte, Giovanni Lorenzo Pappacoda, suo favorito, trasse fuori un nuovo testamento, ignoto sino allora a tutti, il (piale gli assegnava vasti domimi e trasmetteva la sovranità del ducato di Pari e del principato di Possano a Filippo II re di Spagna. Questi, la cui condotta fu di una grande malafede in questa faccenda, fu grandemente sospettato d'essersi dato l'intesa col Pappacoda per la produzione d'un falso testamento, posciacliò non se ne potò mai presentare l'originale autentico. Sigismondo Augusto protestò, ma egli era lontano e Filippo aveva avuto l'accortezza d'incominciare col dar di piglio ai territori ì contestati. La qnistione fu sottoposta all'arbitrato dell'imperatore d'Allemagiia, il quale naturalmente diede ragione al nipote, Filippo allora diede prova della sua soddisfazione non rimanendo pago a mettere il Pappacoda in possesso delta signorie che il proteso testamento gli legava, ma concedendogli in giunta il titolo di marchese di Capurso ed innalzando alle supreme dignità giudiziarie Tommaso Salernitano, il giureconsulto che aveva propugnato le sue pretensioni davanti l'imperatore. Di tal modo Bari e Rossano furono riuniti, nel 1558, al rimanente dello Stato napoletano e. passarono sotto il dominio spaglinolo.
   Sotto il governo intelligente e paterno d'Isabella e quindi di Bona, Rossano era divelluta una piccola e florida capitalo. \i era penetrate l'impulso vivificatore del Rinascimento: la città era divenuta un centro letterario assai attivo evi si annoveravano persino due Vcradeniie, denominate bizzarramente, secondo l'andazzo di quei tempi, dei Naviganti e degli Spensierati. 'I ut-lo ciò scomparve sotto il governo degli Spaglinoli. Schiacciato, come tutto il rimanente del paese, sotto l'amministrazione cupida e tirannica dei viceré spaglinoli. Rossano andò rapidamente decadendo come attestano i registri del censimento che vi annoverano 2250 fuochi nel 1501, 1809 nel 1595 e 1177 soltanto nel 1009. Non v'ha paese ìiell'ex-reame di Napoli sotto il donftiio spagnolo pel (piale non si possa fare un computo uguale sui registri del censimento. Le loro cifre, osserva a buon diritto il Lenorniant, sono di un eloquenza incredibile e fanno toccar con mano il modo onde il regime spaglinolo divorava il paese, nduccndolo