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l'arie Quinta Italia Insulare
Rovino ragguardevuli di una città romana sopravvanzano in un luogo detto Cadrò, sulla strada da Terranova (Olbia) ad Oristano. Credasi segnino il sito di una città detta, negli ftinerarii, Lngndonee, probabilmente corruzione di Lugudo o Lwjudtmis.
Nella porzione sud-ovest dell'isola altresì, fra Neapolis e Sulci, trovatisi ragguardevoli avanzi romani in un luogo detto Antan, probabilmente la Metallo, degli ftinerarii, s quali recano anche parecchie linee di strade a traverso la Sardegna. Una di esse da Tibida (l'orto dì Lungo Sardo) (1), all'estremità nord dell'isola, ch'era il punto usuale di sbarco dalla Corsica, procedeva, lungo tutta la costa est, fino a Carolis o Cagliari, Non seguitava precisamente la linea costiera, quantunque raramente se ne dilungasse, ma addentravasi alquanto da 'fibula ad Olbia e seguitava quindi, con alcuni rientra in enti, la linea della costa.
Un'altra strada più serpeggiante, ina probabilmente più frequentata, era quella che conduceva da 'fibula a Turris Libysonis (l'orto Torres) e di là, lungo la costa occidentale, per Uosa, Cornus e Tharros, ad Othoca, ossia Oristano, da cui un ramo andava direttamente a traverso dell'isola, per la pianura del Campidano, a Caralis (Cagliari), mentre un altro ramo seguiva a un dipresso la linea litorale, per Nea-polis, e Sulci e di là, attorno l'estremità meridionale dell'isola, per Tegula e Nora, a Caralis. Oltre codesto, eranvi nell'interno due altre linee stradali che s'incrociavano: una da Olbia a Calaris diretta a traverso l'interno montuoso, e l'altra che attraversava lo stesso tratto selvatico da Olbia direttamente ad Othoca.
Pochissime delle stazioni su queste linee si possono ora identificare e i nomi stessi sono al tutto ignoti (2).
Apprendiamo dai geografi che, anche sotto l'Impero romano, parecchie delle tribù selvaggie nell'interno dell'isola conservarono le loro denominazioni distintive; ma esse sono date variamente e soggette probabilissimamente a molte variazioni.
Per tal modo, Strabone (v, p. 225) reca i nomi di quattro tribù selvaggie ch'ei chiama Parati, Sossinati, Baia ri ed AconiÉp, tutti, eccetto i Balari, perfettamente sconosciuti; Plinio (tri, 12, s. 17) non ne ricorda che ire, gli Ilienses, Baiarne Corsi ch'ei dico celeberrimi in ea populorum, e che sono infatti tutti tre nomi ben noti.
L'esistenza degli Ilienses sotto l'Impero è attestala eziandio da Pausania (x, 17, § 7): però nè il loro nome, nè quello dei Balari è registrato da Tolomeo, quantunque rechi quello di oltre 18 tribù, come esistenti a' di suoi.
Son esse, incominciando a nord dell'isola e procedendo da nord a sud: i Tibur latii e Corsi, i Coracenses; dopo questi i Carenses e i Cunusitanae; appresso i Sulcitani e Luquidonenses; indi gli Aesaronenses e, dopo di essi, i Cornenses; in seguito i liuacenses, a cui tengono dietro ì Celsitani e i Corpicenses; seguono gli Scapitani e Siculenses; dopo di essi i Neapolitani e Valentini, e, più oltre a sud, i Sulcitani e Noritani (Tolom., nr, 8, § 6).
Di questi i Corsi sono ben noti, come vedremo nei Cenni storici; i quattro ultimi nomi, del pari che i Tibnlates e i Cornenses derivano evidentemente da nomi di
(1) La Martora, Voyagc en Sardaigne, voi. Il, pp. 21-432.
(2) 11 lettore li troverà discussi pienamente ed esaminati nell'oliera citata del La Marmora (voi. SÉ, pp. 418-457), il quale ha sparso molta luce su quest'oscuro soggetto; ina i risultati rimarranno sempre, in molti casi, incerti.