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La Religione esposta in lezioni pratiche per le scuole
Volume I - La Fede
Can. Giulio Bonatto
Casa Editrice Marietti, 1932, pagine 160

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   anche supposta in Dio la volontà di crearci nella natura umana. Altro sarebbe se Dio, per il peccato di Adamo, ci avesse tolto, per es., l'intelligenza, o la vista. L'intelligenza e la vista appartengono alla natura umana. Invece i doni che abbiamo perduto erano una aggiunta alla natura (1).
   Il dogma del peccato originale non apparisce contrario alla ragione perchè si tratta di doni gratuiti e indebitir dati in soprappiù, e acL una condizione.
   3° Si obbietta ancora: se Dio prevedeva la caduta non era meglio non darci la libertà ? o addirittura rinunciare alla creazione1
   Rispondo:
   1° La libertà è un gran bene. Essa permette di rendere a Dio un ossequio consapevole e libero. Senza di essa Dio avrebbe avuto gloria solo da esseri necessitati a glorificarlo.
   2° Bisogna tener presenti insieme due concetti: la caduta e la redenzione, Adamo e Gesù, il peccato e il suo rimedio. Dio previde insieme da una parte il male venuto dal peccato, i dolori, la morte, i mali morali, e dall'altra i beni venuti dalla redenzione, il sacrificio di Gesù, i sacrifici nostri, le altezze della santità, più preziose perchè più ardue; vide di gran lunga prevalente il bene e « giudicò meglio far bene dal male, che non permettere nessun male » (S. Agostino, Bnch. tom. 3, c. 27). La redenzione fu così copiosa che la Chiesa canta: « O felice colpa, che hai meritato un tal Redentore ».
   Bisogna avere un giusto concetto anche della vita presente. C'è un errore che suppone che la vita sia un male: è il pessimismo (2). L'er-
   (1) Ho raccolto un fanciullo abbandonato. Gli devo, poiché ne ho assunto la cura, vitto e educazione secondo il suo stato. Se io lo adotto per figlio e lo costituisco erede delle mie sostanze, ciò è un soprappiù. A questo soprappiù posso apporre delle condizioni.
   (2) Lo cantò tra noi il Leopardi. Egli mosse dalla constatazione che la vita non dà quello che promette : nati per la felicità, noi non la troviamo quaggiù e abbiamo invece delusione e dolore. Dunque? Dunque, conchiudevano Platone, Dante, Galileo, il popolo : dunque la felicità la troveremo in un'altra vita migliore. È questa la filosofia cristiana del dolore. Invece il Leopardi : Dunque il fine della vita è la delusione e il dolore : dunque bisogna maledire la vita. Si legga A se stesso, dove dice « amaro e noia — la vita, altro mai nulla, e fango è il mondo » e conchiude bestemmiando « il brutto — poter che ascoso a comun danno impera ». E si confronti questa sconfortata ed empia conclusione con quella cristianamente serena del Manzoni, posta a suggello dei Promessi Sposi - come il sugo di tutta la storia •: « Dopo un lungo dibattere e cercare insieme, conclusero che i guai vengono bensì spesso, perchè ci si è dato cagione; ma che la condotta più cauta e più innocente non basta a tenerli lontani; e che quando vengono, o per colpa o senza colpa, la fiducia in Dio U raddolcisce, e li rende utili per una vita migliòre ».